Chi l’avrebbe detto che nel 2020 si sarebbe ripresentata una situazione simile a quella raccontata da Camus nel suo libro “La Peste” del 1947.
Questo descrive l’arrivo della peste nella piccola città di Orano; leggendolo mi è sembrato di rivivere i primi tempi della pandemia da Covid-19, quando la gente non sapeva come comportarsi, aveva paura di qualcosa di cui non si sapeva nulla, perchè nuova.
In particolare mi ha colpito la parte in cui si parla della chiusura delle città e del fatto che in quel tempo non si potessero spedire lettere, in quanto si aveva paura che la peste si potesse trasmettere anche attraverso di esse; noi, invece, durante la pandemia, nonostante la chiusura delle città, abbiamo sempre avuto la fortuna di poterci tenere in contatto con gli altri tramite i dispositivi elettronici, senza perdere del tutto i rapporti con le altre persone e potendo mantenere in minima parte le relazioni sociali.
Un’altra parte del romanzo che mi ha colpita particolarmente è sempre collegata alla pandemia che abbiamo vissuto noi, ed è la parte della riapertura delle città, quando l’autore afferma che, nonostante Rieux fosse sfinito a causa dell’epidemia, quando arrivò la notizia della riapertura della città la stanchezza di Rieux svanì quasi del tutto, per lasciar posto alla felicità e alla speranza, e mi ha fatto ricordare le emozioni provate durante e dopo la riapertura delle città.