A pochi passi da Piazza San Carlo, nell’Auditorium della Chiesa di San Filippo Neri realizzata da Filippo Juvarra, si è tenuta la conferenza sul libro “Sanpa. Madre amorosa e crudele”, Giunti editore.
L’autore Fabio Cantelli Anibaldi, con la partecipazione di Don Luigi Ciotti, ha raccontato della sua esperienza a San Patrignano, comunità di recupero per tossicodipendenti fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli.
Amore, tenerezza, passione, tutto questo ha portato Anibaldi ad avere il coraggio di tirare fuori il vero se stesso, quello che ha conosciuto nel lungo viaggio interiore iniziato circa 25 anni fa.
L’autore ha raccontato con parole toccanti quanto sia stato complicato, in un periodo particolare come l’adolescenza, dover crescere prima del tempo, dover imparare a tutti i costi cosa significhi avere una coscienza, rendersi conto senza volerlo di dover affrontare un futuro incerto.
Anibaldi è stato travolto dalla sua adolescenza e con la voce spezzata dalle pause, tipiche di chi ha imparato a stare in silenzio, ad ascoltare e ha conquistato giorno dopo giorno la forza di tornare a dire la propria, ha raccontato di come la scrittura sia stata per lui uno strumento essenziale per comprendere la propria inquietudine. In una dimensione di tempo che lui stesso definisce verticale, il passato, come accade in storia, è quanto di più determinante ci possa essere per il nostro presente. Non si può tentare di eliminarlo, dà colore alla nostra esistenza anche se è una tonalità che non ci piace. La memoria è l’elemento che non solo permette di non ripetere errori commessi in precedenza, ma nel caso di Anibaldi le memorie sono frammenti di passato che danno vita al presente emotivo.
Ed ecco che riprovando le emozioni più spiacevoli, la fragilità diventa paradossalmente un punto di forza, perché da questa deriva prima la consapevolezza di essere in pericolo, e poi la forza di chiedere aiuto. Anibaldi ha conosciuto le proprie fragilità e ha compreso che queste non erano altro che il punto di partenza per la rinascita.
Poi le cose si complicano, la vita è imprevedibile e le ricadute sono dietro l’angolo. I tunnel percorsi al buio fanno paura, soprattutto quando non si trovano le uscite di sicirezza, ed ecco che l’edificio interiore crolla, in apparenza per sempre. In realtà alla fine di un tunnel, per quanto lungo sia, si arriva sempre alla luce. La luce illumina ogni cosa, quello a cui il buio aveva tolto identità riacquista essenza e si può ricominciare a ricostruire il nuovo ego. Certo la morte è per definizione la fine di tutto, anche dei drammi, ma per Fabio Cantelli Anibaldi è soprattutto mancanza di trasparenza e assolutamente un rifugio da evitare.
Semplicemente favoloso e molto significativa la rinascita di Anibaldi