Testimoniare. Questo è lo scopo del documentario di Francesca Mannocchi, che racconta le atrocità di una guerra spesso dimenticata. 150 mila morti diretti, 500 mila morti indiretti, 12 milioni di sfollati, 30 milioni che hanno bisogno di aiuto. Questi sono numeri che danno solo una vaga impressione della sofferenza in Sudan.
Nell’incontro di venerdì 3 ottobre la giornalista italiana esperta in conflitti africani Irene Panozzo, con Vittorio Oppizzi, responsabile dei programmi MSF in Sudan, moderati dalla giornalista Francesca Sibani, hanno illustrato con precisione la complessità di questa guerra.
A partire dal 2021, il Paese è stato travolto da un conflitto interno complesso, nato dalla rivalità tra due fazioni militari: l’esercito regolare e le Rapid Support Forces, gruppo armato di base tribale. Nonostante gli sforzi internazionali, soluzioni diplomatiche non sono state raggiunte, poiché nessuna delle due fazioni vuole rinunciare ad una vittoria totale.
Questa guerra civile colpisce maggiormente la popolazione, vittima di una persecuzione sistematica. Infatti ben 5 aree del Sudan sono in uno stato di carestia; inoltre il contagio epidemico è aumentato vertiginosamente e le basi mediche ai confini del Sudan sono piene di persone che necessitano di soccorso. Il centro di accoglienza di Medici Senza Frontiere ad Adré (Ciad) tenta di aiutare i profughi sudanesi, ma questa è solo una piccola parte dei soccorsi che sarebbero necessari.
La mortalità infantile è al suo apice a causa di gravidanze trascurate, infezioni e bambini nati prematuri, l’80% dei quali non sopravvive. Tutto questo si potrebbe evitare con strutture mediche più adeguate e meno affollate.
Un trauma che non può essere guarito è quello delle vittime di stupro. Questo crimine contro donne di tutte le età è diventato un’arma di violenza metodica sulla popolazione. “Questo incidente è successo a milioni di ragazze” , ma non si tratta di un “incidente” bensì di un’azione volontaria che punta a colpire donne innocenti. “È stato insopportabile ogni minuto” “Hanno minacciato di squarciarmi la pancia se non avessi detto dove si trovava mio marito, ero incinta di 8 mesi.”
La crisi in Sudan è uno dei conflitti odierni che hanno causato maggiori sofferenze, ma rimane comunque di scarso interesse mediatico. Questo incontro ha chiarito una situazione di grandissima gravità, che abbiamo il dovere di denunciare.