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“Le cose più importanti sono le più difficili da dire, perché le parole le sminuiscono.
È difficile fare in modo che degli estranei apprezzino le cose belle della tua vita.”
È stato questo uno dei passaggi che più mi ha colpito del libro “Il corpo” di Stephen King – forse anche perché inaspettata in un simile contesto -. Non uno sviluppo della vicenda, non un personaggio: una semplice frase senza tempo a chiusura di un capitolo, opposta a una storia che sta iniziando a mostrare i segni della sua epoca. Un libro intenso, decisamente interessante e certe volte assai coinvolgente, scritto in una maniera straordinariamente vicina ai giovani seppur narrando una realtà molto diversa rispetto a quella in cui molti ragazzi stanno ormai crescendo.
Da un punto di vista stilistico, il culmine della vicenda sembra essere stato narrato fin troppo velocemente, specialmente confrontandola con tutta la parte iniziale di contestualizzazione e i numerosi dettagli descritti verso la fine: tuttavia, ciò potrebbe indirettamente ricordarci come spesso sia molto più importante il viaggio piuttosto che la meta.
Lo scrittore riesce in ogni caso a rendere in modo perfetto quanto avvenga velocemente e inconsapevolmente il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, la difficoltà nell’affrontare la morte e la volubilità delle amicizie – temi trattati, quando le parole non l’avrebbero permesso, anche attraverso le immagini: ed è pure questo ad avere sicuramente contribuito alla celebrità del romanzo.