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Gordie vive una situazione familiare difficile, contraddistinta dalla perdita e dalla distanza emotiva. La morte del fratello maggiore, Dennis, non fa altro che peggiorare le cose: è come se avesse portato via con sé l’unica possibilità di comprensione e calore.
Dennis, il fratello maggiore, era il figlio perfetto: andava bene a scuola, era amato da tutti ed
era l’orgoglio della famiglia. Gordie lo ammirava e lo considerava un supereroe. Un giorno, però, le cose cambiarono radicalmente perché Dennis muore in un incidente stradale, lasciando un enorme vuoto. Da quel momento, i genitori di Gordie sembrano entrare in una sorta di coma: suo padre diventa più freddo e distante mentre sua madre si ritira ancora nel silenzio. Sembra che il modo più semplice per affrontare un colpo del genere sia quello di comportarsi come se non fosse mai successo. La stanza di Dennis rimane intatta, come un museo dedicato a quello che era e che non tornerà mai più: le foto delle ragazze, i gagliardetti delle università, ogni oggetto rappresenta un ricordo costante di ciò che Gordie non sarà mai agli occhi dei suoi genitori. È come se non ci fosse più spazio per lui. Gordie stesso riflette su questa dolorosa realtà quando dice: “credo che me la cavassi piuttosto bene per essere un ragazzo di dieci anni che si sentiva invisibile nella propria casa.”
Questa frase esprime perfettamente il senso di esclusione e di sofferenza di chi cresce senza sentirsi visto o amato davvero. Questa perdita trasforma la casa di Gordie in un luogo vuoto e pieno di assenze: il padre, in particolare, non perde occasione per farlo sentire inadeguato, non crede in lui, non apprezza ciò che fa e, soprattutto, disprezza i suoi amici. Per lui, Chris Chambers è solo un ragazzo destinato a diventare un delinquente; non riesce a capire che proprio Chris è l’unico che offre a Gordie l’affetto e il sostegno di cui ha bisogno. Gordie lo sa, sente il peso di non essere mai abbastanza per suo padre, e questo lo segna profondamente. Questo senso di solitudine lo seguirà sempre costringendolo a rifugiarsi nelle amicizie in cui spera di trovare quel supporto che la sua famiglia non è in grado di dargli.
Gli amici diventano la sua vera famiglia. Con loro si sente visto, accettato per quello che è. Chris, Teddy e Vern riempiono il vuoto e lo aiutano a trovare una parte di sé che, altrimenti, rischierebbe di perdersi. È come se, lontano da casa, Gordie riesca finalmente essere libero di essere se stesso. La cosa più dolorosa è che il ragazzo non smetterà mai di cercare l’approvazione di suo padre, anche se in fondo sa che probabilmente non la otterrà mai. Questo bisogno di essere riconosciuto lo accompagna anche da adulto, segnando ogni scelta della sua vita. E forse è proprio questo che rende la sua storia così umana: il desiderio di essere amati per quello che siamo, soprattutto da chi dovrebbe conoscerci meglio di chiunque altro.
La storia di Gordie ci mostra quanto il dolore e la mancanza di affetto possano segnare profondamente una persona. È difficile crescere sentendosi invisibili, soprattutto quando le persone che dovrebbero amarti non riescono nemmeno a vederti. Eppure, nonostante tutto, Gordie trova la forza di andare avanti, di costruire una vita diversa da quella che sembrava già scritta per lui. Forse è questo che ci lascia la sua storia: l’idea che, anche quando ci sentiamo soli, possiamo sempre trovare qualcuno che ci capisca, e che a volte, la vera famiglia non è quella in cui nasciamo, ma quella che ci scegliamo.