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A Castle Rock ci sono storie che non muoiono mai. Sono come vecchi chewing gum appiccicati sotto i banchi della scuola: nessuno sa chi ce li ha messi, ma sono sempre lì, da anni.
Quella del vecchio granaio la conoscevano tutti. Forse l’aveva inventata un ubriaco all’Emporio di Brown, o forse era vera, chi lo sa. Io la sentii la prima volta da Charlie Hogan, dietro la scuola, in quel posto tra i bidoni della spazzatura dove ci nascondevamo per fumare. Charlie aveva questa sigaretta bagnata che cercava di accendere da cinque minuti, e la sua faccia diceva che non voleva sprecarla.
“Conosci la storia del granaio fuori città?” disse tra un tiro e l’altro.
Scossi la testa.
“Negli anni ’30, un contadino viveva lì con la sua famiglia. Aveva un figlio piccolo, cinque o sei anni. Un giorno, il bambino entrò nel granaio e non ne uscì più.”
“E poi?” Charlie fece un sorriso storto.
“Poi niente. Scomparso. La gente dice che il granaio lo ha inghiottito.”
“E nessuno l’ha mai trovato?”
“Neanche un osso.”
Era la classica storia che ti fa venire i brividi anche se non ci credi. Perché una cosa è un fantasma che sbatte una porta in una casa vecchia, un’altra è qualcosa che si mangia le persone e non le sputa più fuori.
Non ci pensai più fino a un paio di mesi dopo, quando Teddy Duchamp decise che dovevamo andare a vedere con i nostri occhi.
“Io dico che ci andiamo,” disse una sera dietro l’emporio di Brown. “Se vi cagate sotto, lo capirò.”
Chris gli lanciò una nocciolina. “E se ti caghi sotto tu?”
Teddy rise. “Impossibile. Io non mi cago sotto.”
Vern, che già sembrava spaventato solo a parlarne, ingoiò la saliva. “Ma… non è che qualcuno ci ha già provato?”
“No,” disse Chris. “Perché tutti parlano e nessuno fa un cazzo.”
E così ci andammo.
Il granaio era un rudere, ma stava ancora in piedi. Il tetto era pieno di buchi, le assi di legno sembravano sul punto di cedere, e l’aria sapeva di muffa e umidità. C’erano pezzi di attrezzi arrugginiti sparsi dappertutto, resti di qualche carro abbandonato da decenni. Sembrava uno di quei posti in cui metti piede e ti prendi il tetano solo per aver respirato.
Vern si fermò davanti alla porta. “Ragazzi, io ho un brutto presentimento.”
“Grazie, Vern,” disse Teddy. “Ora possiamo entrare tranquilli.”
Spinsi la porta. Fece un rumore lungo e stridente. Dentro era ancora peggio. L’aria era pesante, come se ci fosse qualcosa che premeva contro il petto. Il pavimento era coperto di fieno vecchio e sporco, e in un angolo vidi un vecchio sacco da mangime strappato, con dentro qualcosa che sembrava pelo. Non volli guardare meglio.
Poi lo vedemmo. Un buco.
Era grande quasi quanto un uomo sdraiato, proprio in mezzo al pavimento. Non era una botola, non era un pozzo. Era solo… un buco. E quando dico nero, intendo nero davvero. Non come l’ombra di un armadio o il cielo senza luna. Era un nero che sembrava vivo.
“Che cazzo è?” sussurrò Chris. Ci avvicinammo piano. Poi Vern gridò. Un urlo corto, strozzato. Si buttò all’indietro come se qualcuno lo avesse spinto. Lo vedemmo afferrare la sua scarpa e tirare, come se qualcosa gliela stesse portando via.
“Aiuto!” gridò. Chris lo prese per la maglietta e lo trascinò via. Vern ansimava come se avesse corso per miglia.
“Mi ha preso!” urlò. “C’era una mano! Una mano!”
Teddy si sporse verso il buco. “Non c’è niente, idiota,” disse.
E poi lo sentimmo. Un respiro. Non il nostro. Qualcos’altro. Lungo. Profondo. E vicino. Ci gelò il sangue nelle vene. Chris fu il primo a indietreggiare, io lo seguii. Teddy rimase fermo ancora un secondo, poi, senza dire una parola, corse fuori.
Non ci fermammo finché non arrivammo alle prime case di Castle Rock. Vern era ancora pallido come uno straccio.
“Non era la mia immaginazione,” disse. “Non me lo sono inventato.”
Chris lo guardò e annuì. “Lo so.” Non tornammo mai più in quel granaio. Qualche mese dopo, crollò.
Ma qualche volta, nelle notti più silenziose, se chiudo gli occhi e smetto di respirare, giuro che riesco ancora a sentire quel respiro. E allora riapro gli occhi. E mi assicuro di non essere solo.
*La scena viene inserita nel momento in cui i ragazzi sono intorno al fuoco raccontando delle storie. La parte in cui racconta la storia del granaio è durante il viaggio, però quando sono andati i ragazzi succederà dopo.*