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Ci sono estati che si scolpiscono nella memoria come incisioni su corteccia, quelle che odorano di legno caldo, di rotaie arrugginite e di sogni più grandi delle nostre gambe sottili.
È l’estate che Stephen King racconta ne “Il corpo”, ed è un’estate che non si dimentica.
Un viaggio lungo i binari di Castle Rock, alla ricerca di un corpo che sembra racchiudere il mistero della fine dell’infanzia e dell’inizio di tutto il resto, un confine invisibile che segna per sempre chi siamo e chi saremo.
Nel cuore di questa storia c’è l’amicizia. Non quella superficiale, nata per caso tra i banchi di scuola, ma un legame profondo che sa leggere tra le crepe invisibili dell’altro.
Chris e Gordie si appartengono, senza bisogno di dirlo ad alta voce. Chris è il ragazzo che tutti guardano con diffidenza, figlio di una famiglia difficile, con un futuro che sembra già scritto da altri, una storia che nessuno gli ha mai chiesto se volesse davvero vivere. Eppure, sotto quella corazza di rassegnazione, ha un animo leale e generoso.
Gordie, invece, è il sognatore silenzioso, il ragazzo che scrive storie perché forse è l’unico modo che ha per sentirsi visto, in una casa dove la sua voce non conta più, una voce che cerca spazio tra le pagine quando nella realtà non riesce a farsi ascoltare.
Tra loro c’è un’intesa che non chiede spiegazioni. Chris è il primo a credere nel talento di Gordie, a spingerlo a diventare qualcosa di diverso da quello che gli altri si aspettano. Gordie è l’unico a vedere la bontà di Chris, a non lasciarsi ingannare dalle apparenze, come se sapesse che dietro certi silenzi si nasconde il desiderio di essere scelti, almeno una volta.
È un’amicizia che protegge e che salva, fatta di piccole parole sussurrate, di silenzi che valgono più di qualsiasi promessa, come se bastasse un attimo per capire che non si è soli, neanche nei momenti più bui.
Personalmente mi ha colpito la delicatezza con cui King tratteggia i suoi personaggi: sono ragazzini, sì, ma con una profondità che spesso si nega a quell’età e che raramente viene raccontata con tanta autenticità.
Ho provato una tenerezza particolare per Chris, che porta addosso il peso di un destino ingiusto, e per Gordie, che lotta per emergere da un’ombra troppo grande.
Insieme rappresentano quel tipo di amicizia rara che ci sostiene nei momenti in cui il mondo sembra troppo duro, quella che resta anche quando tutto il resto cambia. È un legame che mi ha ricordato che, a volte, la salvezza ha il volto di un amico che crede in te quando neanche tu ci riesci, e che, senza fare rumore, ti aiuta a diventare la versione migliore di te stesso.