Durante l’incontro a cura di Radio 3 Mondo, che si è tenuto oggi, 5 ottobre 2024, presso il Ridotto del Teatro Comunale in occasione del Festival di Internazionale a Ferrara, si è ricostruita una memoria contemporanea tramite le testimonianze di Erika Fatland, Youmna El Sayed, Adam Shatz e Wafa Mustafa.
Apre l’incontro Erika Fatland, scrittrice e antropologa norvegese, presentando il suo ultimo libro La città degli angeli (Marsilio, 2024). A vent’anni dalla strage di Beslan, l’opera si propone di ricostruire gli eventi che hanno segnato per sempre la vita della città caucasica. “Si dice che le tragedie uniscono le persone, ma a Beslan questo non è successo”. L’autrice ci racconta che, anche a tre anni dalla strage, i genitori dei 186 bambini uccisi nell’attentato andavano al cimitero tutti i giorni, incolpando non solo i terroristi, ma anche il governo. È proprio attraverso le testimonianze delle madri che Fatland conosce Putin, a lei dipinto come un uomo inaffidabile non interessato alle piccole vittime e intenzionato a sfruttare l’attentato come pretesto per indurire il regime e uccidere i terroristi. Al giorno d’oggi il presidente russo paragona il conflitto russo-ucraino alla lotta contro il terrorismo, avvicinando così guerre che hanno caratteri totalmente diversi.
In un secondo momento, ha preso la parola Youmna El Sayed, giornalista egiziana-palestinese, per rompere il “silenzio complice” internazionale riguardo quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza. Vuole raccontare cosa, secondo lei, sfugge al resto del mondo: il governo israeliano non ha mai omesso di stare intraprendendo una “guerra contro tutti” che porti all’eliminazione del popolo palestinese residente nella Striscia. El Sayed parla della vendita di terreni palestinesi da parte di Israele, con l’obiettivo di costruire vere e proprie colonie. L’attacco terroristico del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, secondo la giornalista, non è stato solo l’inizio del genocidio in Palestina, ma anche culmine di tensioni, esistenti da ben 75 anni, dovute all’occupazione israeliana.
Il giornalista israeliano Adam Shatz non smentisce quanto detto da El Sayed. Nonostante conosca la sofferenza provocata nel popolo ebraico dall’attentato del 7 ottobre, inquadra l’accaduto all’interno di processi socio-culturali e politici più antichi, arrivando a chiedersi se sia giusto utilizzare il termine pogrom per definirlo. Israele, certamente finanziato da potenze mondiali come gli Stati Uniti, che sostengono così il genocidio, sta strumentalizzando l’Olocausto per presentarsi come vittima, “nazificando” Gaza. In sintesi, Israele “si presenta come un Golia che chiede di essere visto come un David”.
L’ultima parola è lasciata alla giornalista e attivista siriana Wafa Mustafa, il cui padre fa parte delle oltre 150.000 persone scomparse in Siria per mano del regime di Assad dall’inizio della guerra nel 2013. Mustafa e la sua comunità non sanno se il padre sia ancora vivo, ma sanno che è scomparso per aver dato sostegno agli ideali della rivoluzione siriana, come la richiesta di uno Stato libero e di diritto. Ora la situazione in Siria è più complessa: permangono la guerra, l’insurrezione e, inoltre, l’azione di Israele ha ispirato Assad a una maggiore impunità. La storia dei conflitti in Israele, in Palestina, in Siria e in tutto il Medio Oriente ha radice comune. Per questo, Mustafa conclude affermando che l’unico modo per giungere ad un miglioramento collettivo è credere profondamente che “nessuno è libero se non siamo liberi tutti”.