Adotta uno scrittore all’interno di un carcere è un’esperienza che ha ritmi ed energie molto particolari. Si entra in punta di piedi in uno spazio all’apparenza statico, dove in realtà il movimento è una costante. Noi studenti entriamo e usciamo (dalla classe, dal carcere); nel bel mezzo di un discorso ecco che qualcuno viene chiamato all’improvviso per un colloquio oppure deve affrontare un’emergenza che obbliga a ripensare il programma della giornata.
Protagonisti del percorso siamo noi che, a partire dagli stimoli offerti dai libri, tiriamo fuori le nostre storie e diventiamo narratori. Ci sono storie che abitano il nostro presente, storie complesse di spazi ristretti, interrogativi e rabbia.
Insieme alla scrittrice Paola Cereda, alle nostre insegnanti e alla volontaria Simonetta Valenti che ci segue in un laboratorio annuale di lettura e teatro, abbiamo provato a fare emergere e a dare spazio anche alle belle storie, quelle che ci rendono capaci di scoprire e valorizzare la piccola grande poesia dell’umano che può dare senso al quotidiano. Partendo dalla lettura di poesie di grandi autori, abbiamo raccontato che cos’è per noi la poesia.
Ecco alcune risposte:
“Per me la poesia è l’odore del caffè, una voce cara al telefono, un’amicizia corrisposta, l’amore familiare”
“È poesia tutto ciò che ancora ci fa emozionare e sentire quel brivido seguito da uno stupido sorriso.”
“Poesia è riscoprire sé stesso, specialmente se ti eri perso nell’abisso del male. È la rinascita quotidiana che sperimento in ogni attimo per essermi ritrovato, vivere nel bene ed emozionarmi per l’immensità di un amore che riesce ad illuminare tutto.”
“La poesia è una forma d’arte che rispecchia la realtà: è tutto ciò che riesce a estasiare l’anima!”
“Poesia è ascoltare il pianto di un bambino appena nato, è guardare la mamma che lo allatta, sono gli occhi negli occhi di due esseri umani che iniziano a parlarsi. Poesia è un marito emozionato che si avvicina al lettino con delle rose in mano: Grazie amore! Prendilo in braccio, questo bambino è tuo figlio.”
“Poesia è il sole che spunta pian piano da una nuvola nera, una rosa rossa in mezzo a un cespuglio spinoso, la primavera con i suoi mille colori, il chiasso di mia figlia, prendere tra le mani il viso della mia amata.”
“Poesia è coltivare la terra e le piante. Far nascere, crescere e curare, dalla semina al raccolto.”
La poesia si trova ovunque ma non sempre riusciamo a vederla, per questo sono preziosi i momenti durante i quali ci sediamo tutti intorno a un tavolo – studenti, insegnanti, volontari – per confrontarci, leggere, imparare, scrivere, pensare.
Dal confronto in classe sono emerse parole importanti come fratellanza, rispetto, amore, uguaglianza, attenzione, speranza, libertà. A proposito della libertà, Paola ha citato lo scrittore David Foster Wallace che scriveva che c’è una libertà che viene dalla cultura, e che consiste nel «riuscire a decidere consapevolmente che cosa importa e che cosa no”. La cultura “è il lavoro di una vita e comincia adesso”. Comincia a lezione, comincia al gruppo di lettura, comincia sulla scena, comincia ogni volta in cui ci importa delle storie, della nostra e di quella degli altri.
Concludiamo questo breve articolo con la parola Speranza, attraverso i versi di Gaetano che sta scontando una lunga pena e che ha trovato nei libri, nella scrittura e nel teatro la possibilità di esprimere i suoi pensieri e i suoi talenti. Questa poesia chiude la lettura scenica DELLA MIA ANIMA NE FARÒ UN’ISOLA, tratta dal libro di Elvio Fassone “Fine pena ora” e arricchita dalle storie e dagli scritti di noi detenuti della Casa Circondariale di Ivrea. Lo spettacolo ha già fatto diverse repliche e ha coinvolto centinaia di spettatori, ci auguriamo che possa continuare ad andare in scena perché è la nostra voce, quella di tanti uomini che stanno facendo un cammino di consapevolezza e di cambiamento.
Speranza
U carciri sinza spiranza è nu campu santu
(Il carcere senza speranza è un cimitero)
A cunnanna nun avi sensu si u carciri è sinza spiranza
(La condanna non ha senso se il carcere è senza speranza)
Pi canciari u carciratu avia canciari u carcereri
(Per poter cambiare il carcerato deve cambiare pure il carceriere)
Insiemi a stissa strada annaffari e a spiranza i canciari tutte e dui anna desiderari
(Insieme devono fare la stessa strada e la speranza di cambiare tutti e due devono desiderare)
Taliu la me vita chi passa e si ni va. I iorna ca passunu su tutti uguali. Si nenti cancia, chi campu affari
(Guardo la mia vita che passa e se ne va. I giorni che passano sono tutti uguali. Se niente cambia, che campo a fare)
Cunti li iorna ntò calendariu, ma chi cuntu a fari, si pi tutta a vita cà aiu a stari
(Conto i giorni del calendario, ma che li conto a fare, se per tutta la vita qua dentro devo restare)
Spiranza, chianci stu cori ca soffri pi tia, ma lassatu sulu cu la malincunia
(Speranza, piange questo cuore che soffre per te, mi hai lasciato solo con la malinconia)
Carcerieri, si credi davveru o cambiamento, dammilla tu na spiranza
(Carceriere, se credi davvero nel cambiamento dammela tu una speranza)
Senza spiranza intra nu carciri semu tutti morti, ntà nu campu santu
(Senza speranza dentro un carcere siamo tutti morti, dentro un cimitero)
A cura degli studenti del CPIA 4 della Casa Circondariale di Ivrea, in collaborazione con Paola Cereda, le insegnanti Anna Zanino, Sabrina Mazzarino, Martina Sollazzo, Anita Rossetti e la volontaria Simonetta Valenti