Possono alcuni luoghi definire il corso della nostra vita? Per Daria Bignardi sì e quel luogo è stato il carcere di Ferrara. È infatti davanti a un carcere, nello specifico quello di San Vittore, che, anni dopo, nel 2020, nel mezzo della pandemia di Covid, Bignardi si interroga sulle condizioni dei carcerati, suscitando grande scalpore e ricevendo numerosi insulti per la sua preoccupazione, a detta di molti “mal riposta”.
L’impegno di Bignardi verso questa realtà, però, non vacilla. Anzi si concretizza da sempre in interventi televisivi che raccontano il carcere e, più recentemente, nel libro Ogni prigione è un’isola, pubblicato da Mondadori per la collana “Strade blu” nel 2024 e presentato dall’autrice insieme a Stefano Nazzi l’11 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino.
Il libro illustra episodi e personalità incontrate da Bignardi in carcere, tra cui Patrizia Reggiani e Marcello Ghiringhelli, il quale era presente all’incontro ed ha contribuito alla conversazione intervenendo più volte per riportare la sua testimonianza.
I due relatori hanno colto l’occasione per ribadire l’importanza di un carcere sempre più “aperto”, dove sia possibile per chi è all’esterno conoscere l’aria che vi si respira. Ciò deve essere associato a delle strutture penitenziarie che promuovano la reintegrazione del carcerato nella società al termine del suo periodo di reclusione. Tale risultato è raggiungibile attraverso il necessario supporto psicologico e attività lavorative, che permettano al detenuto di conservare una sorta di indipendenza economica. A questo proposito viene citato l’esempio del carcere di Bollate, in cui viene pienamente applicato l’Articolo 27 della Costituzione Italiana, abbassando così il tasso di recidiva dal 70% al 20%.
La comprensione di questa realtà non deve tuttavia essere unicamente appannaggio delle autorità: anche i singoli cittadini possono e devono farlo e un buon punto di partenza è questo libro.