Cronache, Salone del Libro 2024

Amélie e Juliette Nothomb per la libera espressione


Rizzo Martina e Shaban Aya

Liceo L. Ariosto - Ferrara

Come possono due sorelle elaborare un trauma e, allo stesso tempo, rafforzare il loro rapporto?

Ce lo raccontano Amélie e Juliette Nothomb, durante il loro incontro presso la Sala Azzurra del Salone del Libro di Torino venerdì 10 maggio 2024, mediante un dialogo con l’autrice Nadia Terranova. Nelle loro ultime pubblicazioni, “Psychobomb” e “Eloge du cheval” (Voland), le sorelle narrano infatti parte della loro vita, analizzata sotto due chiavi di lettura differenti, mediante le figure di due animali. 

Gli uccelli ed i cavalli sono stati per Amelie e Juliette due simboli durante tutto il corso della loro vita: spiriti liberi, che a loro modo le rappresentano. 

Metafora della sua produzione artistica, la sorella minore trova nella figura dell’uccello il modo in cui anche lei, ogni volta che prende in mano la penna, si lancia a capofitto nel vuoto, cercando di capire come spiccare il volo; Juliette, d’altra parte, parla della sua grande passione per i cavalli sin dalla prima adolescenza: questi, per quanto figure tenebrose, permettono di mettersi in gioco e sono il mezzo attraverso il quale l’uomo ha avuto modo di progredire nel corso della storia.

In essi, inoltre, l’autrice rivede la sua grande passione per la danza, nata durante il suo soggiorno in America: lì non ha avuto modo di praticare la tanto amata equitazione. Ė così che comprende che le arti sono estremamente connesse tra loro, in un mondo di espressione di sé e introspezione

Così partendo da tali figure iniziano a narrare della loro infanzia, caratterizzata da numerosi viaggi e spostamenti a causa del lavoro itinerante dei genitori. Ciò causa nelle due giovani non pochi problemi, che le tormentano ancora. “Ad oggi, quando so di dovermi spostare per lavoro, temo di dover abbandonare tutto” – racconta Amelie, commossa – “certe cose rimangono dentro, segnano a vita”.

Segnano proprio come l’assenza di dialogo col padre, inizialmente incompreso: “Era un uomo tanto colto, però non parlava mai. Era come se non sapesse parlare con noi, bloccato dalla riservatezza”. Padre che, però, nutriva un profondo amore per le figlie, in particolare per Amelie, con la quale conversa dopo la sua morte.  “Era come se fosse in ogni cosa e cercasse di raccontarmi storie di sé attraverso oggetti ed avvenimenti”: è nata così l’idea per il suo ultimo libro. Libro che in realtà, rivela l’autrice, ha sempre coinciso con il grande sogno della figura paterna. Lei, però, non ne era a conoscenza, non fino alla visione di un filmato esclusivo nel 2021, in seguito alla morte del padre. 

Sollecitato dalle numerose domande dei presenti, il focus del dialogo si sposta poi alla questione linguistica: come hanno fatto, dovendo affrontare numerosi trasferimenti, a comunicare col mondo intorno a loro e ad adattarsi a culture divergenti? Emerge un profondo rapporto tra le due, accomunate da un grande senso di protezione una nei confronti dell’altra. Le parole, tra loro, non erano necessarie: era sufficiente uno sguardo d’intesa. 

Parole che, d’altra parte, erano fondamentali nel relazionarsi con il mondo circostante: inglese, francese, italiano, giapponese…le due imparano molte lingue, ma sentono di avere un’identità estremamente scissa tra culture e tradizioni, sempre però presenti nel loro stile di scrittura. Ne è esempio la grande importanza conferita da Amelie Nothomb al verbo, derivata dalla struttura della frase giapponese. 

Tra gli applausi del pubblico lasciano così la sala, ricordandogli9 di non smettere mai di divulgare ed esprimere il proprio pensiero, in un vero inno alla libertà.

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