Fano: Marta Serafini è un’inviata di guerra del Corriere della Sera, esperta di terrorismo internazionale e autrice di libri e reportage.
Il suo modo di raccontare le guerre che ha visto da vicino l’ha portata a vincere il prestigioso premio giornalistico “Il Premiolino”.
L’Ucraina è solo l’ultimo posto dove è stata (prima ci sono stati Siria, Iraq, Libano, Giordania, Afghanistan, Armenia e Tunisia), raccontati attraverso lo sguardo di chi subisce i bombardamenti, prima ancora di chi combatte.
Sicuramente la guerra in Ucraina è quella che, soprattutto all’inizio, ha colpito di più, perché più vicina all’Europa rispetto a quanto è accaduto e continua ad accadere in Siria, in Afghanistan e in Medio-Oriente; purtroppo, nei primi mesi di un conflitto, c’è spesso una sovraesposizione mediatica, ma col tempo l’attenzione diminuisce. Questo è un fenomeno comune in tutte le guerre.
Invece, non bisogna abbassare l’attenzione ma capire cosa provano i civili, che poi ne subiscono le conseguenze.
Inoltre, non ci si deve soffermare sulle immagini, anche violente, che si vedono sui social-media, che possono dare solo un punto di vista ma bisogna leggere e documentarsi.
Ecco perché per un giornalista è sempre necessario andare sul posto per verificare con i propri occhi perché i giornalisti, oltre a raccontare i fatti, sono anche testimoni di quello che accade e spesso pagano la loro testimonianza con la vita.
Così, quando non si può andare sul posto per ragioni di sicurezza, bisogna vigilare, verificare le fonti e tenere presente che in guerra la propaganda è sempre all’opera e la prima vittima è proprio la verità.
Marta Serafini è stata più volte al fronte ma, negli ultimi tempi la sua priorità è stata quella di raccontare la vita quotidiana e le storie dei civili, dando voce a chi nei conflitti voce non ha e che i conflitti non li decide, soprattutto le donne e i bambini.
E i bambini, purtroppo, sono i soggetti più colpiti.
Ad esempio in Afghanistan, dopo il ritorno dei talebani, alle bambine viene impedito di frequentare le scuole secondarie e di iscriversi all’Università.
Anche in Ucraina, ormai da due anni, i bambini non possono andare a scuola, ma sono costretti a seguire online le lezioni, che spesso vengono interrotte per gli allarmi degli attacchi aerei; in Italia a noi è accaduto durante il Covid, ma è stato un periodo limitato e per me, che frequentavo la quarta elementare, è stato quasi un periodo di vacanza, perché avevo a casa con me mia madre.
Le parole di Marta Serafini mi fanno capire che non possiamo far finta di non vedere quello che accade nel mondo ma dobbiamo lottare per la giustizia e per un futuro migliore e soprattutto mi fa capire quanto sono fortunata a non vivere queste drammatiche situazioni, che mi sembrano così lontane, ma poi così non lontane non sono.
Però mi ha fatto anche capire che non bisogna perdere la speranza, perché anche nei momenti drammatici e nelle difficoltà gli esseri umani tirano fuori il meglio di loro, così come è bellissimo vedere nascere i bambini in guerra, perché ci fanno capire che, nonostante tutto, la vita va avanti (a Marta Serafini è capitato in Afghanistan).
Così voglio sperare in un futuro senza guerre dove tutti i bambini potranno vivere da bambini.
E come ha scritto Gianni Rodari (promemoria)«Ci sono cose da fare ogni giorno: lavarsi, studiare, giocare, preparare la tavola a mezzogiorno. / Ci sono cose da fare di notte: chiudere gli occhi, dormire, avere sogni da sognare, orecchie per non sentire. / Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio la guerra»