Non è garantito che, pur essendo nati in un certo paese del mondo, sentiamo di provenire proprio da lì.
Timothy Garton Ash, storico della contemporaneità, è figlio del sogno europeo che ancora oggi, malgrado tutto, non smette di affascinare molti di noi. Lui sì che si sente europeo pur non essendo stato educato a pensare a se stesso come tale.
Le nostre identità infatti, non solo “sono date” ma anche “costruite”.
“Gli esseri umani non sono mai riusciti a realizzare il paradiso in terra, anche quando ci hanno provato. Ma in più di un’occasione hanno costruito l’inferno […]”
Per descrivere questo inferno, Timothy decide di annotare per cinquanta anni tante storie per poi scriverci un libro: Patrie, Garzanti 2023. In questo testo sono riportate le sue “conversazioni con leader europei laddove questo contribuirà a chiarire il racconto, ma anche molti incontri con persone cosiddette “normali”, che spesso sono esseri umani più interessanti dei loro leader politici.”
Nella giornata di sabato 30 settembre nel teatro Comunale di Ferrara tutto esaurito, con un dialogo vivace e coinvolgente, Timothy Garton Ash ha presentato il suo lavoro, stimolato dalle domande curiose e critiche della giornalista Cecilia Sala.
“Qual è la tua definizione di Europa?” Gli domanda la giornalista.
Questo continente è una realtà molto controversa che dal dopoguerra si è lasciata alle spalle la devastazione delle armi e ha costruito sulle macerie del muro di Berlino un futuro di democrazia.
Nel 1989, “l’anno delle meraviglie”, Libertà e Europa – le due cause politiche a cui più tiene Timothy – marciano a braccetto annunciando una rivoluzione incruenta che avrebbe inaugurato un nuovo capitolo della storia europea e mondiale.
L’orrore ormai dal 1945, “l’anno zero”, è per quasi tutti gli europei finito, e la promessa è quella di costruire un mondo migliore.
Tuttavia, non è stato l’anno zero per tutto il continente. Difatti la pace vissuta non è paragonabile da paese a paese: quando gli ucraini potranno finalmente parlare di “dopoguerra” si riferiranno infatti al periodo successivo al 2023, o a quando il conflitto avrà termine.
E così ci sarà un altro anno zero. “In Europa, lo zero è un numero molto ricorrente.”
Timothy rivolge un appello urgente ai cittadini di questo antico continente affinché comprendano e difendano ciò che è stato tanto faticosamente conquistato, e continuino a lavorare per un futuro condiviso ricordando a un pubblico costituito da varie generazioni di europei che, quella occidentale, pacifica, libera e democratica, è solo una delle tante Europe.
In conclusione Timothy ha risposto così alla domanda iniziale di Cecilia: “L’essenza dell’Europa è la nostra esperienza condivisa. Significa sentrisi a casa all’estero.”