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Sostiene Pereira” è un romanzo singolare, il cui protagonista è centro e fulcro di una lotta.
In primo luogo, la propria lotta contro sé stesso. Come descritto efficacemente dal dottor Cardoso, Pereira è costituito da un’eterogenea confederazione di anime, tra cui la spunta un “superego”. Pereira inizialmente non vive, non “agisce”, assiste alla vita che gli scorre davanti, come sarebbe comprensibile per un vedovo senza troppe ambizioni e preoccupazioni.
La sua vita però cambia. La sua confederazione di anime è tutt’a un tratto sconvolta.
Il dottor Pereira incontra due giovani, Monteiro Rossi e Marta, i quali stravolgono tutte le sue certezze. Il direttore, così, subisce una vera e propria metamorfosi.
La vita del protagonista è inizialmente rivolta interamente al passato, Pereira svolge il suo lavoro meccanicamente, altrettanto meccanicamente si districa tra le sue solite abitudini, tra le sue ricorrenti conversazioni con le solite persone, lascia trascorrere la vita, mentre aspetta la morte. Il direttore vive per tornare a casa, guardare il dipinto di sua moglie e pensare se la resurrezione della carne avverrà o no, riempiendo, nel frattempo, le sue giornate di ricordo e rimpianto. Pereira vive così, completamente disinteressato rispetto ciò che avviene intorno a lui, rinchiuso in un autoisolamento involontario che lo scherma da tutto ciò che lo circonda. Qui incontra Monteiro Rossi, che, in un certo senso, proviene dal passato, il ragazzo ricorda a Pereira il figlio che avrebbe voluto avere con sua moglie, il giovane ha presa sul direttore grazie al rimpianto della felice vita coniugale dal protagonista interrotta dalla malattia della sua consorte. Monteiro Rossi è investito da un amore paterno che viene dal passato, ma riesce a riportare il direttore al presente; il ragazzo gradualmente, agli occhi di Pereira, si rivela non come un aspirante giornalista, ma come un rivoluzionario, un sovversivo, un oppositore del regime di Salazar. Pereira, inizialmente, non accetta questo aspetto del giovane, tanto che attribuisce a Marta, la sua ragazza, la responsabilità della sua opinione politica e delle sue azioni, ma gradualmente comprende le ragioni dell’opposizione alla dittatura. È emblematico l’episodio ricorrente dell’incontro al Café Orquídea tra Pereira e il cameriere Manuel. Pereira chiede, puntualmente, al suo amico cameriere novità e, puntualmente, quest’ultimo lo informa delle voci che ha sentito durante la giornata, non prima della solita battuta, moraleggiante e quasi accusatrice, sul fatto che Pereira sia un giornalista e sarebbe compito suo raccontare ciò che succede.
Pereira sa in cuor suo che le cose non vanno, che il regime opprime senza scrupoli e censura qualsiasi voce discorde, ma riesce a convivere con questa verità, ci riesce finché non conosce i due ragazzi, che riescono a portare a galla prepotentemente il sentimento di giustizia del direttore, riescono a scuoterlo da una vita incentrata sul passato, sul ricordo della moglie e sul rimpianto per la vita insieme non vissuta. Pereira vive un’interessantissima fase transitoria, in cui aiuta i ragazzi, mettendosi in pericolo, ma allo stesso tempo non è consapevole, non capisce perché li stia aiutando, o forse ha paura ad ammetterlo; il direttore a tratti sembra avere paura di sé, delle proprie azioni, della propria opposizione al regime, si convince che è giusto andare contro il potere opprimente della dittatura mentre la “polizia politica” gli uccide suo “figlio”, la preoccupazione che aveva dato di nuovo senso alle sue giornate. Dopo quest’ultimo atto Pereira mette da parte tutte le paure, tutte le preoccupazioni, non è più interessato a portare avanti quel passivo osservare i giorni, che era prima la sua vita, ma agisce, denuncia, lascia trasparire nell’articolo finale la sua esperienza nei racconti di cronaca nera, la sua ironia, ma allo stesso tempo un lancinante grido di dolore, che diventa grido convintissimo di protesta contro l’ingiustizia della dittatura: un grido trasversale indirizzato a Salazar e ai suoi mezzi, ma rivolto a tutti i regimi. Pereira, in ultima istanza, inghiotte il suo timore, la sua indecisione e lascia uscire la sua voce.
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