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Una cosa che ti ha colpito
Dopo la settimana passata alla clinica talassoterapica e la discussione con il dottor Cardoso, Pereira ha l’occasione di confrontarsi con il suo confessore, Padre Antonio. Il dialogo, che ha luogo nel capitolo diciannovesimo,può essere diviso in due parti.
Appena incontra il frate, Pereira gli racconta il suo soggiorno alla clinica e gli enuncia la teoria del dottor Cardoso sulla confederazione di anime, soffermandosi sulla sensazione che ha di essere diverso rispetto a prima dell’incontro con Marta e Monteiro Rossi. Questo è il primo momento del testo in cui Pereira confida a qualcuno che non sia il dottor Cardoso il cambiamento psicologico che sta attraversando. L’importanza di questo episodio sta nel fatto che Pereira condivide il suo conflitto interiore con qualcuno che fa parte della sua vita: infatti, Pereira ha diverse motivazioni che lo hanno spinto ad aprirsi con il dottor Cardoso, che tuttavia non sarebbero state sufficienti per fare in modo che lo stesso avvenisse con un conoscente. In primo luogo, Pereira rivede se stesso giovane in Cardoso, che come lui conosce la letteratura francese; inoltre,il soggiorno alla clinica, almeno inizialmente appare come una fuga dalla realtà e dunque un luogo in cui Pereira ha meno paura di essere giudicato. Tuttavia, il tempo passato alla clinica e le conversazioni avute con il medico cambiano Pereira e lo rendono più cosciente di ciò che sta accadendo intorno a lui e dentro di lui, rendendogli insufficiente la manifestazione di questi cambiamenti solo nei discorsi con il ritratto della moglie.
Nella seconda parte, in cui a parlare è principalmente Padre Antonio, il tema principale è quello politico, su cui Pereira non è ancora pronto a esprimere apertamente un’opinione, come si vede dalla sua risposta alla domanda del frate su cosa pensasse di Paul Claudel. Potremmo dire che Padre Antonio rappresenti in qualche modo le idee che Pereira vorrebbe sostenere, ma che non è ancora pronto ad abbracciare, perché troppo radicali e contrarie al regime e che ritroverà alla fine del romanzo, quando scriverà un necrologio per denunciare l’omicidio politico di Monteiro Rossi. Tuttavia, il fatto che Pereira sostenga queste idee è reso evidente dalla sua volontà di tradurre e pubblicare sulla pagina culturale del Lisboa un romanzo di Bernanos, uno scrittore cattolico francese che non era visto di buon occhio dal regime salazarista perché, come detto da Padre Antonio, era stato capace di raccontare la questione spagnola per come realmente era. In generale, il cambiamento dell’ ‘io egemone’ di Pereira è visibile dal cambiamento della pagina culturale: infatti passa dal tradurre un racconto di Balzac, scelto per ammirazione nei confronti degli scrittori francesi dell’Ottocento, a uno di Daudet, in cui è contenuta l’esclamazione “Viva la Francia”, che Pereira implicitamente approva, fino a voler tradurre un romanzo di uno scrittore schierato apertamente con i repubblicani spagnoli.
Il percorso di cambiamento psicologico di Pereira si svolge, oltre che in momenti, anche su piani diversi: prima Pereira inizia a riflettere sull’oppressione del regime dentro di sé, parlando con la moglie e compiendo piccole azioni per aiutare Monteiro Rossi; poi comincia a indirizzare politicamente, anche se in maniera velata, la pagina culturale del Lisboa, e, infine, prende apertamente posizione denunciando le violenze della polizia e firmandosi in fondo all’articolo.
Un’altra cosa che ti ha colpito
Uno dei momenti che evidenziano la comparsa di un nuovo ‘io egemone’ in Pereira è il dialogo che il giornalista ha con il suo direttore nel ventunesimo capitolo. Infatti, in questa circostanza, l’ombra della dittatura salazarista si fa più ingombrante e si allunga a coprire anche l’ambito culturale, aspetto questo che Pereira aveva negato in precedenza.
Durante il colloquio, Pereira sostiene che scrivere “viva la Francia” nella pagina culturale non sia un diretto affronto al regime, utilizzando come argomento il fatto che il testo non fosse stato censurato. È evidente che Pereira, nel momento in cui ha scritto l’articolo, non era ancora pronto a sostenere apertamente le idee di Monteiro Rossi, in quanto quello che alla fine del libro sarebbe diventato il suo nuovo io egemone non aveva ancora spodestato completamente la personalità indifferente e in qualche modo ignava di inizio romanzo. Pereira, durante l’incontro, prova a tenere una linea intermedia, segno della conflittualità dei due io, dato che non contesta apertamente le idee del direttore, accettando anche il suo consiglio di scrivere di un autore più patriottico come Camilo Castelo Branco, ma si rifiuta di negare completamente la realtà, facendo presente al direttore che la polizia lo sta sorvegliando tramite Celeste, la portiera dell’ufficio.
Questo incontro è fondamentale per far comprendere a Pereira che la libertà è sempre più limitata in Portogallo e che, soprattutto, la censura delle idee di opposizione non si limita a chi si schiera apertamente contro il regime, ma pretende che non vengano pubblicati testi di autori che provengono da nazioni che, pur non essendosi dichiarate apertamente nemiche, non hanno legami politici con il regime. È importante notare anche come il regime non affidi il controllo soltanto agli organi che dovrebbero svolgere questa funzione, come la polizia e la censura, ma assegni questo compito anche ai suoi sostenitori che, come il direttore, non censurano le idee anche velatamente di opposizione grazie a un’autorità loro conferita, ma attraverso la persuasione. Questo era già stato notato da Pereira quando sospettava che la portinaia fosse un’informatrice della polizia, cosa che lo spingeva ad agire con circospezione, e viene definitivamente compreso dal giornalista quando tre uomini si presentano a casa sua e uccidono Monteiro Rossi, pur non essendo poliziotti, ma sgherri assoldati dalla polizia segreta.
Una frase del libro da conservare
Secondo noi, una frase da conservare è proprio “Sostiene Pereira”. La scelta può sembrare scontata, essendo anche il titolo del libro, oltre che la struttura più ricorrente del romanzo, ma ci siamo fermati ad analizzarla e ci sembra particolarmente significativa.
In primo luogo, ci siamo chiesti perché Antonio Tabucchi abbia scelto proprio il verbo “sostenere” e non abbia, per esempio, utilizzato un semplice “Dice Pereira”, o, anche, perché non abbia semplicemente raccontato la storia del giornalista senza fare uso di questo intercalare. La scelta, secondo noi, è data dal fatto che “sostenere”, oltre al significato di “testimoniare”, vuol dire anche “fornire un appoggio a qualcuno”, quindi, implicitamente, il significato di quest’espressione è “Pereira sostiene Monteiro Rossi dicendo”. Questa è una chiave di lettura molto interessante, perché risponde a tutte le domande che si pone Pereira quando aiuta Monteiro Rossi, anche se si rende conto che non può scrivere articoli pubblicabili sul Lisboa: il giornalista agisce così per sostenere Monteiro Rossi.
A questo punto, ci siamo chiesti perché Pereira sostenga Monteiro Rossi e la risposta che abbiamo trovato può sembrare paradossale: infatti, secondo noi, Pereira sostiene Monteiro Rossi perché Monteiro Rossi sostiene Pereira. In questo caso, il verbo “sostenere” assume il significato di “tenere in piedi”, nel senso di non far cadere le crescenti intenzioni di Pereira di prendere posizione. Ci sembra chiaro, infatti, che l’ideologia di Monteiro Rossi è affine a quella che Pereira all’inizio del romanzo non sa nemmeno di avere e leggere gli articoli scritti dal collaboratore e dalla sua fidanzata lo porta a guardare dentro di sé e, contemporaneamente, a guardare la realtà per capire che non è possibile non prendere posizione.
Se questo libro fosse una canzone
Se questo libro fosse una canzone, secondo noi sarebbe L’Abitudine di Francesco Gabbani. Infatti, tra gli aspetti problematici della società odierna, che l’autore considera superficiale, viene evidenziata l’ignavia di chi «siccome tiene un osso in bocca non dirà la sua opinione» e di chi «non sapeva» e «non vuol sapere»; inoltre, Gabbani parla anche di chi «ha confuso l’abitudine con la felicità». Queste tre descrizioni sono appropriate per parlare di come è Pereira all’inizio del romanzo, dato che il giornalista è in balia della routine che lo porta ciclicamente a lavorare in redazione, a mangiare frittate e bere limonate al Café Orquídea e a lamentarsi per l’eccessivo caldo. Tutte queste azioni sono svolte da Pereira in maniera passiva e pigra e il giornalista sta semplicemente facendo passare il tempo, senza vivere la propria vita attivamente, anche a causa del vuoto lasciato dalla morte della moglie.
Questo vuoto viene riempito dalla comparsa nella vita del protagonista di Monteiro Rossi e di Marta che lo portano a una profonda riflessione, che a sua volta lo porta a prendere posizione sempre più decisamente e apertamente. In particolare, una delle motivazioni che Pereira adduce nel corso del romanzo per non rispondere a chi gli pone domande di politica è la sua ignoranza: si tratta di un paradosso, dal momento che è stato a lungo un cronista. In realtà è il meccanismo di difesa scelto da Pereira per non avere problemi e non procurarsi guai. Lo svolgimento del romanzo può essere quindi visto come la progressiva uscita di Pereira da questa condizione che lo conduce, tornando al campo metaforico usato da Gabbani, a “togliere l’osso dalla bocca e raccontare una scomoda verità”.
Se ti è piaciuto il libro, leggi o guarda anche
A chi è piaciuto Sostiene Pereira consigliamo il libro Tanto tu torni sempre di Giovanna Caldara e Mauro Colombo, che racconta la storia di Ines Figini, una ragazza ventunenne che è stata deportata in diversi campi di concentramento per aver difeso delle colleghe arrestate dai tedeschi con l’accusa di aver organizzato uno sciopero a cui avevano partecipato tutti. Il coraggio di Ines, che poi non ha raccontato la sua storia per più di cinquant’anni, è lo stesso che spinge Pereira a denunciare la polizia politica: infatti, Monteiro Rossi non era suo parente, non gli aveva fornito un singolo articolo che fosse pubblicabile sul Lisboa, lo aveva messo a rischio rifugiandosi a casa sua e, non avendo parenti, solo Marta ne avrebbe sentito la mancanza. Eppure scrivere quell’articolo era la cosa giusta da fare, non la più semplice e nemmeno la più sicura, perché Pereira poteva essere denunciato dal tipografo o non trovare un passaporto per scappare in Francia e subire le conseguenze di una presa di posizione così forte, ma non ha esitato e ha denunciato il regime salazarista.
Ci siamo chiesti perché Antonio Tabucchi abbia scelto proprio il verbo “sostenere” e non abbia, per esempio, utilizzato un semplice “Dice Pereira”, o, anche, perché non abbia semplicemente raccontato la storia del giornalista senza fare uso di questo intercalare. La scelta, secondo noi, è data dal fatto che “sostenere”, oltre al significato di “testimoniare”, vuol dire anche “fornire un appoggio a qualcuno”, quindi, implicitamente, il significato di quest’espressione è “Pereira sostiene Monteiro Rossi dicendo”. Questa è una chiave di lettura molto interessante, perché risponde a tutte le domande che si pone Pereira quando aiuta Monteiro Rossi, anche se si rende conto che non può scrivere articoli pubblicabili sul Lisboa: il giornalista agisce così per sostenere Monteiro Rossi.