Sabato 17 settembre 2022 si è tenuto a Pordenonelegge l’incontro con l’autrice Anilda Ibrahimi riguardante il suo nuovo romanzo “Volevo essere Madame Bovary”.
Anilda Ibrahimi è nata in Albania e, laureata in lettere moderne all’università di Tirana, si è trasferita all’estero.
La scrittrice, intervistata da Federica Agusta Rossi, ci racconta una storia sulle insidie dell’appartenenza e della memoria, sui modelli femminili da incarnare e ribaltare, sull’importanza di rimanere noi stessi anche se tutto intorno a noi cambia.
Hera, protagonista del libro, a dieci anni legge Balzac, sogna tramite i romanzi e anche se non sa il vero significato della parola, da grande vuole essere una cortigiana: vede delle donne ben vestite e dall’aria divertita, uscire di notte per andare a teatro. La sua posizione è un insulto alle condizioni dell’epoca, infatti è nata in un Paese del socialismo reale dove la donna lavora almeno quanto l’uomo e la bellezza è una colpa.
Anilda Ibrahimi sottolinea la particolarità del nome della protagonista: Hera deriva dalla dea della fedeltà Era, moglie di Zeus. Al contrario Hera non vuole essere fedele alle tradizioni, perciò rivendica la sua libertà e i suoi diritti di donna.
A questo punto, la moderatrice mette in evidenza il rapporto controverso che la protagonista ha con la sua lingua madre. Hera, dopo aver vissuto trent’anni in Italia, si rende conto che l’albanese è cambiato, è diverso da quello parlato quando ha lasciato il Paese: per la prima volta si è sentita straniera nella terra in cui è nata. Anilda Ibrahimi afferma: “È difficile appartenere a due luoghi contemporaneamente, è necessario scegliere, infatti vivendo ancorati nel Paese di prima, ti perdi ciò che accade intorno. Si può solo far rivivere il luogo attraverso i ricordi.”
La scrittrice continua spiegando che le lingue evolvono con il passare del tempo, ma per conservare un gruppo etnico è necessario mantenere “pura” la lingua; per esempio solo in America parlano il dialetto siciliano puro, mentre in Sicilia è in continuo cambiamento.
In seguito, Federica Augusta Rossi approfondisce un avvenimento che l’ha particolarmente colpita nel corso del romanzo: un fotografo scatta una foto ad una ragazza in costume in spiaggia. Questo però va contro la mentalità dell’epoca nella quale non si poteva fotografare una singola persona altrimenti eri considerato un individualista, atteggiamento tipico delle società liberali che si contrappongono alla collettività.
Il fotografo sfida le regole celebrando la creatività e la voglia di liberarsi.
Un altro personaggio rivoluzionario del libro è Linda, la sarta di paese che cerca di resistere alla dittatura che vuole tutte le persone uguali confezionando abiti colorati e femminili. È lei la vera eroina tra i personaggi perché attraverso piccoli gesti vuole cambiare il destino del Paese.
L’autrice ci fa riflettere sui veri eroi di oggi che non sono quelli che vincono le battaglie a suon di like sui social, ma coloro che combattono nelle situazioni più disperate.
Nel romanzo di Anilda Ibrahimi non si parla solo di donne, ma ci sono anche degli uomini. Tra questi c’è il padre che è un personaggio positivo perché trasmette ad Hera l’amore per la letteratura. Questa passione, conclude la scrittrice, ci mette in salvo, anche se per capirne veramente il senso ci vuole tempo ed esercizio.