Insieme a Francesco Pacifico, Jacopo Cirillo nel suo libro L’animale che ride, vuole ricostruire e analizzare la complessità della risata. Negli spettacoli comici in particolare, spesso la risata nasce dal disagio, che raggiunge un climax di tensione vibrante sciogliendosi poi in riso. Ma perché scrivere un libro che ha la risata come protagonista? Perché è universale e accomuna tutti gli uomini – «come il sesso», aggiunge Pacifico – ed è uno strumento potentissimo. Può allontanare o unire, discriminare o dare conforto, supportare il potere o attaccarlo. È il riso che distingue l’uomo dagli animali, sostiene Cirillo: solo gli uomini sono consapevoli di poter ridere. Eppure la risata, l’origine dello scherzo, arriva dagli animali; sono i segnali di gioco dei cuccioli gli antenati dei nostri sorrisi, un segno comune che indica mancanza di ostilità. Questa innata complicità rimane nel rapporto che si viene a creare tra il comico, il suo pubblico e il luogo in cui si svolge lo spettacolo, una bolla che non si può replicare né raccontare.
È quindi la figura di John Oliver a entrare nel discorso, un comico che per scelta registra i suoi interventi senza un pubblico. Le reazioni a questo tipo di comicità sono state molte e diverse: da chi scherzava dicendo che sembrava più un documentario che uno spettacolo, a chi invece riusciva quasi a sentire le risate fantasma di una folla non esistente. Chi riteneva che proprio la mancanza di pubblico dimostrasse la grandezza di Oliver come comico, così come chi sosteneva l’esatto contrario.
«È la battuta a scatenare il riso o le risate a creare la battuta?» si chiede Cirillo, ma ci spiega come la domanda sia in realtà mal posta. È questione di chimica, di feeling per dirla all’inglese. Lo spettacolo non è del comico e non è del pubblico, lo spettacolo è l’intesa tra chi parla e chi ascolta, lo stand-upper, il comico, e la folla.
Non è l’architettura della frase, mera linguistica, a creare la battuta perfetta, ma l’atmosfera che si crea nel luogo in cui si è. La chiave è capire il pubblico che si ha davanti e adattare lo sketch a esso; non un insieme di persone, ma un organo coeso che decide autonomamente se ridere con il comico o di esso.