Una cosa che ti ha colpito
La capacità dell’autore di farsi narratore di una realtà fittizia, rivelatasi estremamente accurata.
Una frase del libro da conservare
Dal superiore punto di vista della peste, tutti erano condannati, dal direttore fino all’ultimo carcerato, e per la prima volta regnava forse nella prigione una giustizia assoluta.
Esistere mentre si viene catapultati in una realtà sfigurata da una pestilenza che pare essere venuta al mondo appositamente per guastare gli uomini ed annientarne ogni sicurezza è angosciante, noi lo sappiamo bene. Essere capaci di raccontarlo a parole, tracciando un ritratto completo e dettagliato della sensazione di assurdità e distopia che una pandemia trascina con sé, senza mai averci vissuto in tempi di pandemia, richiede un talento ed una capacità d’analisi fuori dal mondo; questo è quello che Albert Camus è riuscito a lasciarci con La Peste.
Sono ormai passati più di due anni dall’annuncio, ai tempi così distante, imperscrutabile, del primo caso italiano di Covid; da allora ho sofferto, abbiamo tutti sofferto, il mondo intero ha sofferto, perché abbiamo tutti perso qualcosa. Il Covid è stato, nel suo picco, un tormento che nessuno avrebbe mai atteso e che è riuscito a mettere piede nella nostra normalità, allargando i limiti della definizione stessa di normalità. È stata fonte di tanta tantissima noia. L’epidemia, poi ridefinita col tempo pandemia, è divenuta sinonimo di speranza per una rinascita del collettivo, ma, a lungo andare, la stretta in fondo al tunnel da cui si aveva la sensazione di poter scorgere una punta di luce pareva restringersi sempre più. È stato così che parlare di un futuro senza Covid e mascherine era divenuto illusorio, una falsità stupida e propagandistica, mentre la patologia aveva assunto il significato di collettivismo forzato e causa di apatia e di egoismi.
Ci siamo sentiti piccoli, troppo piccoli, schiacciati come se non contassimo nulla, come se il mondo ed i suoi meccanismi non fossero più alla nostra portata. Come se fossimo stati sbandati dal palcoscenico da un personaggio secondario, marginale, uno di quelli di cui nessuno si ricorda il nome, nel bel mezzo della nostra battuta; le belle luci sceniche si piantano sul loro capo e tutti rivolgono loro lo sguardo con grande sorpresa. Anche noi siamo costretti a prestare loro attenzione. Sembra quasi di essere passati in secondo piano su quello stesso pianeta che ci appartiene… Il pianeta che ci appartiene?… Se ci siamo mai sentiti sul podio delle specie, è bene tenere in considerazione il fatto che nessuno ci ha mai fattualmente assegnato il titolo di audaci condottieri della Terra, in viaggio per le sinuose viuzze della Via Lattea.
Dunque, se, commento alquanto controverso, l’arrivo della pandemia ha apportato degli aspetti vantaggiosi, uno di questi è stato indubbiamente il ridimensionamento del nostro ego: non c’è nessuno che padroni la Terra se non la Terra stessa. Siamo piccoli, microscopici e tutto può ostruire la crescita del nostro fasullo primato, anche un piccolo batterio, anche il Covid, anche la peste.
Sono passati più di due anni dall’annuncio del primo caso italiano di Covid e mai prima d’ora avevo realizzato quanto fossimo fragili. Ho avuto bisogno di leggere La Peste per capirlo fino in fondo.
Perché è proprio questo quello che Camus è stato in grado di dipingere: il volto del malessere che esplode, coinvolgendoci tutti, senza distinzioni, senza porsi domande o pretendere di venire compreso. Gli occhi del male, inteso come malattia reale o come simbolo di autoritarismi vari, che non si socchiudono neppure per un istante di fronte alla macabra veduta che hanno causato.
Camus ha reso in maniera magistrale le conseguenze catastrofiche dell’epidemia, senza usare mezzi termini e senza drammatizzarla con termini altisonanti ed angosciosi. Tramite la narrazione del Dr. Rieux, il più obiettiva e realistica possibile, ha trasmesso anche tanta umanità.
È proprio tramite questa narrazione alle volte volontariamente lasciata asciutta che ho sentito i pensieri degli abitanti di Orano, ho intravisto le facce esasperate dei giovani il sabato sera, il patimento di un dottore che si trova in prima linea a duellare contro la morte, giunta nella peggiore delle sue varianti.
È tramite questo libro che ho conosciuto tanti pensieri pronunciati da bocche diverse. Leggendo La Peste ho capito quanto gli uomini possano essere preziosi.