Una cosa che ti ha colpito
“Forse il nostro amore c’era ancora, ma era semplicemente inutilizzabile, pesante da portare, inerte in noi, sterile come il delitto o la condanna. Ormai era solo una pazienza senza futuro e un’attesa ostinata.”
Questa è una delle tante citazioni del romanzo che mi ha colpito e mi ha fatta riflettere, una delle tante frasi in cui mi ritrovo e in cui credo che tanti di noi si siano ritrovati.
In questo passaggio Camus sta parlando dei separati, di coloro che si amano, che siano fidanzati, famigliari o amici ma che a causa dell’epidemia sono costretti a stare lontani.
L’autore ne sta descrivendo la sofferenza, soprattutto quando non si conosce la fine dell’attesa, e il mutamento del sentimento, causato dalla lontananza fisica.
Parla di un amore che è ancora vivo e presente, a astratto, è un amore che non può essere manifestato, vissuto e che quindi rimane in attesa del giorno del ricongiungimento.
L’amore che si provava durante la separazione era un amore messo in pausa, un amore che si affidava solo ai ricordi astratti di quando tutto era normale.
Io, questo sentimento, non l’avevo mai percepito in questo modo prima di leggere il romanzo.
Leggendo questi passaggi ho ritrovato le sensazioni che provavo nei primi mesi di lockdown e che non sapevo di poter tradurre in parole. Giorno dopo giorno la mancanza delle persone che amo si faceva sempre più forte e allo stesso tempo sempre più astratta, ero ferma ai momenti in cui avevo un contatto fisico con queste persone ed era la cosa più naturale e scontata al mondo. in quei giorni invece, un abbraccio era il gesto più lontano che potessi desiderare. Intanto aspettavo, e il mio amore risiedeva tutto lì, nell’attesa di una persona piuttosto che nella persona stessa
Una frase del libro da conservare
“Forse il nostro amore c’era ancora, ma era semplicemente inutilizzabile, pesante da portare, inerte in noi, sterile come il delitto o la condanna. Ormai era solo una pazienza senza futuro e un’attesa ostinata.”
Commento su “La peste” di Sara Tardito