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In portoghese Saudade significa nostalgia, ma non la nostalgia che intendiamo noi, bensì da intendere forse più come rimpianto, nostalgia di qualcosa che sarebbe potuto avvenire ma che poi non è avvenuto. Saudade trovo sia la parola adatta a riassumere il mio pensiero sul libro di Tabucchi. Ma questa Saudade dove la troviamo? E ci fa emettere un giudizio complessivo positivo o negativo?
Innanzi tutto vorrei esaltare la Saudade che Pereira in prima persona prova, e che, grazie alla straordinaria capacità di Antonio Tabucchi di descrivere e narrare fatti e vicende, riesce a trapelare nel lettore come se fossimo noi a provarla. Scommetto che tutti quanti ci siamo posti domande quali “E se la moglie non fosse morta?”, “E se avesse avuto quel figlio che tanto desiderava?”. Trovo che sia esattamente questo il senso di nostalgia per cose che sarebbero potute avvenire che Pereira provava.
E poi a livello più generale credo che tutti, procedendo nella lettura, finendo il romanzo, alla fine si siano chiesti “E se non fosse andata a finire così?”. Tabucchi è riuscito a mio parere a far sentire a noi in prima persona questo senso di Saudade.
Uscendo infine dal tema finora trattato credo che sì, forse le ripetizioni del “Sostiene” abbiano a tratti appesantito la lettura: leggerne così tanti per tutto il romanzo poteva diventare spiacevole, ma dopotutto si sarebbe perso il senso del titolo e soprattutto il senso della curiosità, del capire la motivazione di così tante ripetizioni. Perché così tanti “Sostiene”? E forse quel senso di amarezza che a fine romanzo abbiamo poichè effettivamente ancora una risposta chiara non la troviamo.
Complessivamente posso dire che il romanzo mi è piaciuto molto, è riuscito a tenermi incollata al libro con curiosità di sapere cosa sarebbe venuto dopo nonostante fosse fuori dal mio solito genere e mi sento di consigliarlo, e magari, di leggerlo in giro per Lisbona attraversando tutte quelle strade così ben descritte da Tabucchi.