Le donne all’interno del libro “L’Isola di Arturo” vengono considerate dagli uomini esseri inutili, degli oggetti che servono solamente a procreare e a dare attenzioni allo sposo, quando in realtà hanno un ruolo essenziale all’interno della casa e della famiglia. La “razza delle femmine”, come la chiama Arturo, viene ritenuta stupida, inferiore e brutta anche se in seguito nel ragazzo ci sarà un’evoluzione di questo pensiero, che inizierà a guardare le donne con amore e rispetto, dando così una minima importanza a quello che effettivamente è il ruolo di una donna in quegli anni.
All’epoca purtroppo, la massima aspirazione per una ragazza era trovare marito. Nunziata, ad esempio, si unisce in matrimonio a Wilhelm, padre di Arturo, non per amore, ma solo per compassione verso un uomo ormai già maturo e per i suggerimenti della madre, la quale ha spronato la figlia a compiere questa azione perché ingannata dalle apparenti ricchezze di Wilhelm, il quale aveva detto di possedere un castello.
Il romanzo è ambientato nel periodo appena antecedente alla Seconda Guerra Mondiale, un periodo in cui le donne vivevano sottomesse dal marito, erano dipendenti dall’uomo e senza possibilità di esprimere se stesse. Questo fatto è enfatizzato dal luogo in cui si svolge la vicenda. L’isola di Procida, situata non solo nel Sud dell’Italia, meno sviluppato culturalmente rispetto al Nord Italia, ma anche in un posto isolato dove arrivano ben poche notizie, perciò le donne vivevano in un ambiente povero, dove molto difficilmente riuscivano a elevarsi.
Il ruolo della donna era anche quello di dare affetto ai propri figli. Arturo, la cui madre morì partorendolo, sente molto la mancanza dell’amore materno, delle attenzioni che solo una madre può dare ai propri figli, infatti prova gelosia nei confronti di Carminiello, il suo fratellino, che riceve centinaia di baci da Nunziata. Il ragazzo non ha mai ricevuto un bacio ed è sempre alla ricerca di un amore che non avrà né dal padre, per il quale prova un’incessante ammirazione, né da Nunziata, della quale poi si innamora. Questo aspetto della vita di Arturo caratterizza anche l’autrice del libro, Elsa Morante. La scrittrice ha passato una situazione familiare difficile avendo avuto due padri e due madri, con la madre ha sperimentato un rapporto di amore ed odio, di mordi e fuggi, da cui si è allontanata in giovane età. Nella vita di Elsa la madre proiettava su di lei ciò che non era riuscita a fare dopo la gravidanza: la scrittrice. La madre della Morante, infatti, era diversa dalle altre donne perché scriveva e leggeva, ma aveva dovuto rinunciare alla sua carriera per dare alla luce Elsa. Anche il rapporto tra Wilhelm e sua madre è molto particolare perché l’amore materno in questo caso è opprimente, si può definire quasi una persecuzione, una catena che lega per sempre madre e figlio, infatti il padre di Arturo sente la necessità di allontanarsi dalla madre. Elsa inizialmente si allontana, ma la madre è come un’ombra nella sua vita che alla fine la raggiungerà sempre, anche sul letto di morte, quando Elsa passerà ad altra vita rivolgendo l’ultimo pensiero a lei.
Nel corso della sua carriera da scrittrice Elsa rimane inaspettatamente incinta e ricordandosi di ciò che era accaduto alla madre, decide di abortire in modo da non mandare in fumo tutti gli obiettivi che voleva raggiungere come autrice. Il libro “L’isola di Arturo” dimostra, infatti, la scelta diversa che Elsa e sua madre hanno compiuto nella loro vita. Elsa, però, grazie a questo libro, riesce a dare vita al figlio mai nato rendendolo protagonista del racconto.
Personalmente, questi diversi rapporti con le donne e tutta la loro situazione hanno suscitato in noi molte emozioni, rendendo così piacevole la lettura di questo romanzo.