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Pereira dirige la pagina culturale di un noto giornale portoghese, il “Lisboa”. E’ un uomo che soffre di cuore e di pressione alta, sente la mancanza della moglie e di un figlio che non è mai nato, si sente in colpa per quello che sta succedendo nel suo Paese, il Portogallo, governato dal dittatore Salazar e coinvolto nella guerra civile spagnola. È come se non avesse la forza di fare nulla, di opporsi a quanto sta accadendo. È come se si fosse arreso. Un giorno Pereira, durante un viaggio in treno, incontra una donna che lo sprona dicendo: “lei è un intellettuale, dica quello che sta succedendo in Europa, esprima il suo libero pensiero, insomma faccia qualcosa!”; da quel momento qualcosa in lui comincia a cambiare, assistiamo alla lenta rinascita di un uomo che decide di combattere per ciò che ritiene giusto. Quello che accade nell’animo del protagonista è un processo di graduale presa di coscienza. Attraverso la vicenda di questo personaggio, Tabucchi si rivolge a ciascuno di noi, ci chiama in causa, ci chiede come ci comporteremmo noi in situazioni simili a quella di Pereira, ognuno con le armi che possiede. Oggi noi giovani abbiamo tanti modi per ribellarci: attraverso i social, esprimendo la nostra opinione, oppure attraverso vere e proprie manifestazioni di dissenso. Ovviamente tutto questo nel rispetto altrui, perciò senza la violenza verbale e fisica perché, come insegna Pereira, nulla è più efficace dell’uso del linguaggio: la penna è un’arma potentissima!