Nome Scuola
Città Scuola
Giornalista: Signor Lachance, è davvero un piacere averla con noi oggi. Il suo libro ha commosso migliaia di lettori. Ma prima di essere uno scrittore, è stato un ragazzino in un’estate del 1960, con tre amici e un obbiettivo complicato: cercare il corpo di un ragazzo scomparso. Come ricorda quel momento oggi?
Gordie: Lo ricordo come se fosse ieri: avevamo dodici anni, l’età in cui sei troppo grande per essere un bambino, ma troppo piccolo per essere un uomo. Era l’estate in cui il mondo ha smesso di sembrarmi sicuro.
Giornalista: Ha scritto che non si trattava solo di trovare un corpo. Cosa cercavate davvero?
Gordie: Una prova. Di essere vivi, forse. Di contare qualcosa. Nessuno di noi veniva da famiglie felici. Chris voleva dimostrare di non essere solo “un Chambers”, Teddy lottava con la follia ereditata da suo padre, Vern… cercava solo di appartenere a qualcosa. E io… cercavo mio fratello. Anche se non lo sapevo ancora.
Giornalista: Suo fratello, Denny. È una presenza silenziosa ma potente nel racconto. Quanto ha influito sulla sua decisione di partire?
Gordie: Più di quanto avrei ammesso allora. Quando perdi qualcuno che ami e nessuno intorno a te sembra notarlo inizi a cercare segnali. Ray Brower era uno di quei segnali. Trovare lui, in qualche modo, era come cercare giustizia per tutti quelli che spariscono senza che nessuno li cerchi.
Giornalista: Parliamo di Chris Chambers. I lettori sono rimasti colpiti dal vostro legame. Cosa lo rendeva così speciale?
Gordie: Chris era vero. Aveva un’intelligenza che andava oltre la scuola. Capiva le persone, sapeva leggere le anime. E aveva la strana convinzione che io potessi diventare qualcosa di più. Quando nessuno crede in te, avere anche solo una persona che lo fa, può salvarti.
Giornalista: Ha scritto che Chris è morto anni dopo, mentre cercava di difendere un altro. Che effetto le ha fatto perdere un amico così?
Gordie: È stata una ferita che non si è mai chiusa. Ma non ero sorpreso. Chris non avrebbe mai smesso di lottare per ciò che era giusto. È morto come ha vissuto: da uomo migliore di quanto il mondo abbia mai riconosciuto.
Giornalista: E Teddy e Vern? Li ha più rivisti?
Gordie: Li ho rivisti, sì. Ma non erano più i ragazzi che conoscevo. Teddy non ha mai davvero lasciato il suo passato alle spalle. La guerra e suo padre lo avevano segnato troppo. Vern ha cercato la normalità, una famiglia, un lavoro tranquillo ma qualcosa si era rotto anche in lui. Quelle estati non tornano mai davvero.
Giornalista: E lei, Gordie? Come ha fatto a sopravvivere a tutto questo?
Gordie: Scrivendo. È stato l’unico modo per dare un senso a ciò che avevo visto, sentito, perso. Ho scritto per ricordare loro. Per ricordare me stesso com’ero prima che la vita accadesse.
Giornalista: Se potesse parlare con il Gordie di dodici anni lì sui binari, cosa gli direbbe?
Gordie: Gli direi di tenere stretti i suoi amici. Di ascoltare Chris di più. Di non vergognarsi della tristezza. E soprattutto di non dimenticare mai quell’estate, perché è lì che ha trovato se stesso.
Giornalista: È stato un privilegio ascoltarla. La sua storia ci ha insegnato molto sull’amicizia, sulla perdita, ma soprattutto sulla memoria. Grazie, signor Lachance.
Gordie: Grazie a lei. Raccontare, a volte, è l’unico modo per non perdere ciò che è stato davvero importante.
L’intervista si è quasi conclusa, la telecamera inquadra Gordie seduto accanto al giornalista. Sul tavolo c’è una copia del suo libro, con la copertina consumata ai bordi. Il giornalista la prende in mano e gliela porge.
Giornalista: Prima di salutarci… c’è un passaggio del suo libro che, se vuole, potrebbe leggere per noi. Uno che ritiene particolarmente importante.
Gordie: (annuisce, prende il libro tra le mani e lo sfoglia con attenzione, poi si ferma con gli occhi lucidi.) Sì. Ce n’è uno. (leggendo): “Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”.
Gordie (guardando il giornalista): Quel giorno, in mezzo ai boschi, pensavamo di andare a cercare un corpo. In realtà stavamo cercando l’ultima estate della nostra innocenza. Nessuno ce lo aveva detto, ma quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo sentiti davvero liberi, davvero vivi.
Giornalista: E lo avete trovato?
Gordie: Sì. L’abbiamo trovato. Ma non era Ray Brower. Eravamo noi.