Il corpo 2025, Laboratorio, Un libro tante scuole

Il corpo: una porta che sbatte nella memoria


Martina Avellina

I.I.S. “M. Rapisardi” - Licodia

Nome Scuola

I.I.S. “M. Rapisardi”

Città Scuola

Licodia

5 maggio 2025

Stamattina ho chiuso Il corpo di Stephen King, e il suono della pagina che si richiudeva mi è sembrato come una porta che sbatte, lontana, negli anni della mia infanzia. Pubblicato nel 1982 all’interno della raccolta Different Seasons, The Body è molto più di un romanzo di formazione: è una meditazione dolceamara sul tempo che passa e su ciò che perdiamo senza accorgercene.
Stephen King, nato nel 1947 a Portland, nel Maine, è noto come il maestro del terrore. Tuttavia, in libri come questo emerge un altro suo talento: la capacità di rendere universali le paure più intime, quelle che riguardano il crescere, il perdere, il ricordare. Con oltre sessanta romanzi all’attivo, King ha dedicato la sua carriera a raccontare ciò che si agita nei cuori delle persone.
Quattro amici — Gordie, Chris, Teddy e Vern — decidono di mettersi in viaggio per cercare il corpo di Ray Brower, un ragazzo scomparso nella campagna del Maine. Vogliono essere gli eroi che riportano la verità, ma il vero viaggio avviene dentro di loro, lungo il fragile confine tra l’infanzia e l’età adulta.
Gordie, ormai adulto, racconta quegli eventi voltandosi indietro, alla ricerca di una luce fioca nel buio della memoria.
Chris Chambers resta uno dei personaggi più memorabili: intelligente, ferito, disperatamente buono. Quando dice: “Non devi stare dove gli altri vogliono che tu stia. Devi trovare il tuo posto”, sembra parlare a ogni ragazzo invisibile, a ogni giovane che sogna di cambiare il proprio destino.
Anche l’ambientazione diventa protagonista: i binari senza fine, le notti sotto le stelle, la natura che accompagna e minaccia. Lo stile di King in questo romanzo è misurato, lirico: le descrizioni avvolgono il lettore in una nostalgia sottile e persistente. I dialoghi sono autentici, ruvidi, come solo i bambini sanno essere quando tentano di raccontare la verità. Leggendo, mi sono più volte ritrovata a pensare ai miei dodici anni, a quella semplicità che sembrava eterna e che invece sfuggiva, silenziosa.
King scrive: “Non hai mai più amici come quelli che avevi a dodici anni. Gesù, chi li ha?”
Una sola frase, ed è subito malinconia. Il corpo lascia addosso una tristezza dolce, come una vecchia canzone che non puoi smettere di canticchiare. Sì, leggerò ancora Stephen King. Non solo per il brivido, ma per ritrovare quella voce che sa parlare ai ricordi più profondi.

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