La peste di Albert Camus è un romanzo realistico e in questo periodo molto attuale. Da un anno e mezzo conviviamo con il coronavirus e leggendo il libro mi è sembrato di ripercorrere tutte le tappe che ci hanno fatto arrivare ad oggi: “il paziente 0”, i primi casi gravi, lo strazio dei malati (“il malato continuava a delirare e […] a vomitare. I noduli del collo erano dolorosi al tatto”, pag. 48; “Due colpi di bisturi a croce e dai noduli fuoriusciva una poltiglia mista a sangue. I malati soffrivano, straziati”, pagg. 60-61), nessuno che ci crede, l’isolamento in casa, la morte dei propri cari e degli amici, ed infine la scoperta del vaccino per cercare di contrastare la malattia.
Una frase che mi ha particolarmente colpito, in quanto mi ha fatto riflettere sulla situazione vissuta nella prima fase della pandemia, è la seguente:
“Quella separazione brutale, senza appello, senza un avvenire prevedibile, ci lasciava sconcertati, incapaci di reagire di fronte al ricordo della presenza ancora così vicina e già così lontana che ora occupava le nostre giornate” (pag. 97).
Da un giorno all’altro, improvvisamente, siamo stati costretti ad “esiliarci” e a “chiudere” i rapporti con il mondo esterno. Non avendo momenti di svago e non potendo fare molto in casa, abbiamo imparato a rimanere in silenzio per dar voce alla nostra interiorità. Ci siamo, quindi, concentrati su noi stessi, abbiamo scoperto ciò che riteniamo importante, ad esempio un abbraccio dei propri nonni, un bacio o un’uscita, e le relazioni vere.
Abbiamo trascorso giorni e giorni nella monotonia aggrappandoci ad uno spiraglio di speranza che ha fatto nascere nuovamente in noi la passione di vivere, la stessa passione che aveva Albert Camus. Infatti, nel podcast La passione di vivere di Annalena Benini si può capire quanto l’autore amasse la vita, nonostante la tubercolosi e la rottura con l’amico Sartre. Anche nella sofferenza bisogna essere grati alla vita perché la sofferenza è una situazione momentanea, mentre la vita è proiezione nel futuro e, nonostante in questo momento sia incerta, è il miracolo più bello e deve darci la forza di superare ogni avversità.
In prima persona ho vissuto questa “separazione brutale” citata nel libro: a fine febbraio 2020 avevo iniziato la relazione con il mio attuale ragazzo ed ero davvero contenta, perché, essendo la prima volta, ogni giorno scoprivo qualcosa di nuovo e aumentava la voglia di stare insieme a lui. Purtroppo, però, dopo appena due settimane, siamo stati costretti a dividerci e tutte le aspettative che avevo sono andate distrutte. I primi giorni sono stati molto duri, ma piano piano ho cambiato punto di vista e ho capito che l’isolamento era necessario per combattere il virus.
A giugno 2020, finalmente, ci siamo rivisti e in un pianto di liberazione e gioia mi sono resa conto che, nonostante la nostra relazione non sia iniziata come tutte le altre, la particolare situazione per un certo verso è stata utile per conoscere le paure, i pensieri, il carattere, le piccole cose dell’altra persona, che normalmente possono sembrare banali, e ha contribuito a costruire un amore vero che giorno dopo giorno aumenta. Posso, quindi, affermare che nella prima parte dell’isolamento ho vissuto una sorta di amore platonico. Platone parla dell’amore nel Simposio, un’opera scritta sotto forma di dialogo, in cui spiriti “eccellenti”, cioè Fedro, Pausania, Erissimaco, Aristofane, Agatone, Alcibiade e Socrate, si ritrovano ad un banchetto e parlano di una potenza inesauribile: Eros. Ognuno di loro ha idee differenti sull’amore, c’è chi dice che sia il dio più antico, chi sostiene che è il dio più giovane e chi un grande demone. A tutti appare “meraviglioso fra gli uomini e gli dèi”. Socrate afferma che Eros fa da intermediario tra gli uomini e gli dèi, e la sua nascita è collegata a quella di Afrodite, dea dell’amore e della bellezza. Eros ha sede nell’animo umano e fa nascere il desiderio della bellezza, in quanto l’animo non la possiede. La bellezza visibile, tuttavia, non basta e così Platone ci dice che l’amore deve distaccarsi dalle cose materiali per amare la spiritualità, cioè la bellezza invisibile che rappresenta il vero tesoro dell’uomo.