Albert Camus pubblica nel 1947 in lingua francese il suo primo grande successo. L’opera è inoltre premio Nobel per la letteratura nel 1957. Si può inserire il romanzo nella corrente neo-realistica.
La storia ha inizio con Bernard Rieux, un medico che lotta contro la peste, che accompagna la moglie gravemente malata alla stazione dei treni, affinché possa raggiungere una non nota località per curarsi. Poco dopo la partenza della donna, scoppia un’improvvisa moria di ratti, questi vengono trovati morti a migliaia ma nessuno ne presta più di tanta attenzione. È in realtà il primo campanello d’allarme per
ciò che si sta per abbattere sulla città. Con il passare del tempo i topi scompaiono del tutto ma tra la popolazione, si diffondo malati che presentano febbre alta, noduli e rigonfiamenti all’inguine e alle ascelle, macchie sul corpo e muoiono dopo una delirante agonia. Benché i molti casi comparsi, la stampa non se ne interessa, il fenomeno non fa notizia. Rieux riconosce in ciò, i sintomi della peste bubbonica. In un primo momento nessuno crede al medico, ma con il rapido e violento espandersi della malattia, direttamente da Parigi, arriva l’ordine di chiusura dell’intera città, onde evitare il propagarsi del contagio. La fuga è impossibile. I confini sono severamente sorvegliati e l’obbligo dell’isolamento costringe gli abitanti di Orano a sperimentare per la prima volta la prigionia, l’esilio, la separazione. La separazione dai propri cari è più rilevante della morte che colpisce senza pietà i propri concittadini. La città diventa teatro dell’umana disperazione poiché l’isolamento e la paura modificano i comportamenti collettivi e individuali. Alcuni abitanti della città si chiudono in casa, temendo il contagio, altri non rinunciano ai piaceri giornalieri della vita.
Il protagonista del romanzo è chiaramente Rieux, un medico che combatte il dilagare dell’epidemia, sorretto da uno spirito di solidarietà umana che gli fa superare ogni tipo di sofferenza fisica e morale. Protagonista mai descritto fisicamente. Ma si intuisce però che il suo carattere psicologico si evolve con il personaggio.
È il narratore della storia (è lui stesso alla fine del romanzo a rivelarlo), un testimone autorizzato a fare lo storico, che è in possesso di deposizioni, confidenze, testi e la propria partecipazioni agli avvenimenti. Nonostante sia interno e di I° grado, scrive in terza persona per oggettivare ciò che dice. (Il punto di vista del racconto rimane comunque quello dell’autore).
Descrive la parabola dell’epidemia e contemporaneamente il comportamento degli abitanti. Il romanzo infatti non si sofferma molto sulle descrizioni tradizionali della malattia. ll paesaggio è decisamente antitesi al personaggio. Orano, anonima città della costa algerina, sotto il dominio francese, è una città mercantile, spoglia di alberi, giardini, piccioni e dove l’arrivo della primavera lo si percepisce solamente dall’arrivo dei fiori al mercato
Il romanzo si presenta come una cronaca di fatti avvenuti tra aprile e febbraio degli anni quaranta, del novecento. Molto probabilmente di un biennio tra il 1940 e il 1949. La mancanza di riferimenti precisi e di un preciso tempo, permettono di identificare la peste come la follia nazista. La peste diventa metafora del nazismo, ha sempre personificato l’idea del male, della colpa e del terrore del contagio. Nonostante descriva un evento reale, Camus lo nasconde sotto un velo metaforico. La peste diventa quindi lo specchio del contesto storico in cui l’autore vive: nazismo, guerra, oppressione hitleriana e resistenza.
Il racconto procede secondo la successione matematico oggettiva, anche se mancano riferimenti spazio-temporali che identifichino con precisione il periodo. La narrazione dei fatti è talvolta interrotta da dialoghi. Essi sono alternati a parti narrate, soprattutto descrittive. Il lessico appartiene alla borghesia di medio livello, sia nelle parti narrate che nei dialoghi. Ed ha la funzione di rendere al meglio il tempo in cui si svolge il racconto. Non utilizza tecnicismi (tranne nel momento in cui descrivere i sintomi della peste).
Lo stile è semplice, limpido e severo, con una composizione strutturale prevalentemente di paratassi, ossia i periodi sono brevi e chiari. La fabula e l’intreccio non presentano alcuna divergenza. Il libro è diviso in cinque capitoli seguenti un ordine cronologico.
Il romanzo, al di là della sua trama, rappresenta: una vasta allegoria della condizione umana e una malattia morale. La chiusura delle porte d’accesso, simboleggia il ghetto in cui ogni uomo vive la sua disperata prigionia, senza calore o simpatia umana. La peste dunque rappresenta allegoricamente il male e come esso non sarà mai sconfitto del tutto. Il racconto punta infatti a evidenziare come l’uomo neghi i problemi finché non vi è immerso.
Tale romanzo propone inoltre una possibile soluzione al problema pessimistico: l’uomo può superare la disperazione e la solitudine della propria condizione attraverso la rivolta lucida e cosciente contro l’assurdo, ovvero attraverso l’impegno e la solidarietà. I cittadini indifferenti gli uni agli altri e indifferenti alla vita.
Ricevuto il libro dalla mia insegnante, ho sbirciato subito le prime pagine per poi lasciarlo in libreria in attesa di un momento di ispirazione. Qualche giorno dopo l’emanazione del decreto in cui si sanciva una sorta di ” via libera” riguardo il periodo estivo, ho ritenuto che fosse il caso di riprendere in mano il libro.
“La Peste” di Camus è risultato, ad oggi, spesso nelle TOP delle classifiche settimanali dei libri più venduti anche e soprattutto per via di ciò che è successo, sta succedendo e, ancora, accadrà per via del COVID-19.
L’opera ha un’infinità di analogie con il periodo di emergenza nazionale e mondiale che stiamo vivendo nonostante “La Peste” sia stata scritta più di mezzo secolo fa.
La precisione con cui riprende quello che ad oggi è il nostro presente, è impressionante. Il libro scritto da Camus è una metafora in cui il presente può rispecchiarsi. Quando si legge (o parla) della peste si pensa quasi ad un evento fantascientifico, lontano dai giorni nostri, mai ci saremmo mai immaginati che una sciagura simile potesse far ritorno nella nostra società contemporanea, eppure Camus ci aveva messo in guardia sul fatto che la storia ha il suo corso e spesso si ripete. La storia insegna e noi siamo troppo distratti per ascoltarla, distratti da cose futili. La cosa che ho preferito nei primi momenti nel volume, è il riferimento, come oggi, alla frase consolante: “andrà tutto bene”. Nel libro è detta dal dottor Rieux, con il viso bagnato, quando si scusa con la moglie per averla trascurata e le promette che al suo ritorno andrà tutto per il verso giusto. È detta anche dai cittadini per augurarsi che la moria di topi finisca presto e non comporti conseguenze. La frase, oggi invece, è pronunciata come slogan al fine di non far mollare le persone gli enormi sacrifici e cambiamenti che stanno apportando alle loro vite, per fronteggiare l’emergenza.
Altra analogia che mi ha colpito tra lo scritto e ciò che sta succedendo, è la conta giornaliera dei mori. Nella peste di Orano è possibile leggere le pagine dei morti giornalieri, proprio come il telegiornale, che alla sera apre l’edizione esordendo con la frase “oggi tot morti di Codvi-19”. Emette ogni sera il così detto bollettino (i bollettini generalmente sono prima resi pubblici dalla protezione civile, essi indicano il numero dei contagiati, dei guariti e i morti totali e della giornata e la curva dell’epidemia). La scena che mi ha maggiormente colpito è stata quella di quando le porte della città vengono sbarrate. Molte persone si ritrovano senza i loro cari, la loro unica possibilità di vederli ed averli lì con loro è quella di farli entrare nella città condannandoli coinvolgendoli o semplicemente mettendoli a rischio di contrare la malattia. L’Italia chiusa per Coronavirus, ha un che di spettrale. Le città sono deserte, anche nelle ore di punta.
Le città vuote mostrano però anche una bellezza tutta particolare dei loro monumenti, lasciati in solitudine sotto belle giornate primaverili. Per la lettura occorre una gran maturità, richiesta per apprezzare il contenuto del libro. In questo brano traspare la delicatezza dell’autore nel descrivere e narrare i mali interiori che l’uomo sente e da questa sensibilità nascono immagini di poesia.