Cronache, Internazionale Ferrara 2023

Migrazioni e cambiamenti climatici: qual è il collegamento?


Aya Shaban e Giulia Taibi

Liceo L. Ariosto - Ferrara

La storia dell’umanità è una storia di migrazioni. Una migrazione che ormai non riguarda più solo gli esseri umani: a spostarsi sono anche animali, piante e virus. Il risultato è la formazione di un nuovo, grande continente. Sono questi i temi protagonisti dell’incontro “Il sesto continente” presentato, sabato 30 settembre, da Paolo Vineis, epidemiologo all’Imperial College di Londra, e da Edoardo Vigna, caporedattore del Corriere della Sera.
I dati sostengono che entro il 2050 il numero di migranti potrebbe raggiungere il miliardo e mezzo e tale spostamento potrebbe coinvolgere anche il mondo animale e vegetale. Ma quali sono le reali cause di questi movimenti?
L’uomo è l’unico essere vivente ad aver colonizzato l’intero pianeta e con la globalizzazione di oggi qualunque prodotto può viaggiare facilmente da una parte all’altra del mondo. Nonostante gli aspetti positivi siano numerosi, negli ultimi anni stanno emergendo sempre di più anche quelli negativi: prova tangibile ne è la recente epidemia di Coronavirus. L’aumento delle zoonosi, le infezioni trasmissibili tra uomo e animale, è assolutamente proporzionale all’esportazione di materie su scala globale.

La deforestazione contribuisce al cambiamento climatico, ma anche alla migrazione di interi ecosistemi. Lo scioglimento dei ghiacciai causa lo spostamento verticale della flora montana, con danni irreversibili a valle. Per non parlare dei danni dovuti all’innalzamento dei mari, che porta in paesi come il Bangladesh un minore afflusso di acqua dolce e una salinizzazione dei pozzi con conseguenti problemi di salute ai danni della popolazione.
Una reazione a catena che sembra non avere fine e che continuerà, vista l’inazione della nostra società. Una società che appare disinteressata o forse impaurita nell’affrontare temi che reputa troppo angosciosi.

Il dibattito ha, poi, deviato sull’estrattivismo, un approccio caratteristico dell’uomo occidentale nei confronti dei beni ambientali. Estraiamo risorse, immettiamo scorie, ma non ci occupiamo di rimpiazzarle.
Fortunatamente, negli ultimi anni, qualcosa sembra star cambiando e un esempio ci tocca molto da vicino: è il caso della simbiosi industriale, un fenomeno promosso dalla regione Emilia Romagna che prevede la collaborazione tra le diverse aziende per riutilizzare gli scarti della produzione. Economia circolare, applicazioni reali di una politica lungimirante come quella del Green Deal, possono rivelarsi delle soluzioni, ma la strada è purtroppo ancora lunga.
Le stesse azioni tempestive, però, provocano dei danni: è il caso di Irlanda e Olanda, i cui governi hanno cercato di abbattere il 30% dei capi di bestiame, ottenendo violente risposte dagli allevatori.
Dunque, cosa fare? Prendere atto della necessità di azioni rapide imposte dall’alto o procedere lentamente passando prima dall’educazione della popolazione?
È difficile avere fiducia in risposte radicali, che peggiorano solo la situazione; bisognerebbe, invece, trovare percorsi di equilibrio attraverso la consapevolezza di ciò che ci circonda. Il tempo è poco, ma è ancora sufficiente per un cambiamento: è inutile soffermarsi su soluzioni che non si potranno attuare. La decisione è tutta nostra, scegliere di essere parte del problema o cercare di risolverlo.

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