Gruppi di Lettura 2025, Scaffale

Matteo Lancini – Un cambiamento


Vito De Simone Virgili Maria Roberta

Gruppo di lettura del Bookstock - Torino

Nell’ultimo giorno del Salone Internazionale del Libro, il gruppo di lettura del Bookstock ha avuto l’onore di discutere di relazioni ed educazione con il Professor Matteo Lancini, indagando le potenzialità del rapporto tra giovani e adulti, rapporto a oggi pieno di criticità.

Nella società contemporanea, ora più che nel passato, risulta necessario proporre un nuovo paradigma relazionale che soddisfi le necessità di una società sempre più sofferente e il desiderio di espressione delle nuove generazioni.
Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta e insegnante, classe ‘65, un adulto di tutto rispetto: è proprio lui a darci una nuova prospettiva di educazione, a fornire un nuovo metodo che metta al centro i giovani, che dia risalto alle loro capacità e inevitabilmente definisca una revisione dei modelli educazionali che attualmente dominano la società. Chiamami Adulto è un manifesto indirizzato agli educatori, scritto nel nome della relazione, della comunicazione e dell’espressione del dolore. Il libro di Lancini percorre tutte le tappe delle relazioni umane e non, spaziando dai rapporti sentimentali al rapporto tra adulti e giovani, dalla onnipresenza del mondo digitale a un nuovo concetto di sessualità.
La società attualmente si deresponsabilizza nei confronti del disagio dei giovani, credendo in una soluzione idilliaca, in un antidoto, una pillola magica capace di curare ogni additata negatività nell’esistenza dei giovani. Lancini pone l’accento su una caratteristica che accomuna qualsiasi essere sulla Terra: la diversità. Ogni ragazzo, ogni ragazza, è unico e caratteristico: un unico metodo educativo (o un unico antidoto) non può dunque risultare efficace per tutti i giovani. Quando si prova a inscatolare ogni individuo in una sola categoria si finisce inevitabilmente col dare una sola soluzione generale a un disagio che in realtà è molteplice, la cui soluzione deve raccogliere una pluralità di contributi cuciti sul vissuto e sulla personalità di ogni individuo.
Se alziamo lo sguardo dall’aspetto individuale verso quello generazionale, risulta innegabile un grande cambio di rotta rispetto ai modelli educativi precedenti: ai cambiamenti della società si accompagna il cambiamento dei rapporti tra giovani ed educatori e inevitabilmente della percezione che gli adulti hanno di coloro che sono più giovani di loro.
Lancini, goliardicamente, paragona la sua educazione a quella dei suoi figli, e ancora prima a quello di suo padre, e i cambiamenti sono evidenti: in passato la genitorialità era vissuta come un dovere, un atto dovuto alla società, mentre col passare degli anni e l’innovazione tecnologica creare una famiglia e mettere al mondo dei figli si è riconfigurato come un atto volontario e consapevole. In passato infatti gli educatori erano spesso severi e la distanza con gli “educati” poteva anche risultare abissale, mentre nel presente i rapporti con i giovani sono basati su una precisa volontà di costruire una relazione, sulla stipulazione di un patto di fiducia tra le due parti, un’alleanza fondata sull’ascolto e sulla relazione.
Gli adulti promettono ai loro giovani un terreno fertile in cui mettere radici, danno l’apparenza di una relazione sana e dalle potenzialità infinite; tuttavia, nel momento in cui i figli vengono messi davanti alle difficoltà, alla necessità di soffrire e liberarsi delle negatività che li opprimono, genitori e insegnanti non sanno far altro che propinare un modello di vita confacente alle sole loro necessità, in cui i figli non soffrono, non piangono, non parlano di ciò che li mette alle strette. Il tutto si risolve con una negazione delle emozioni, che in realtà trova una precisa spiegazione: la fragilità degli adulti, la totale analfabetizzazione emotiva delle generazioni precedenti. I grandi condannano nei piccoli quelle emozioni e pulsioni che loro stessi hanno represso durante tutta la loro vita, minacciando con incombenza il loro quiete vivere. “Se le emozioni non vengono espresse diventano agito”, e se ciò risulta a volte irrecuperabile nei confronti degli adulti, nei ragazzi e nelle ragazze determina un punto di svolta tra la serenità e l’esplosione della violenza su se stessi e sul mondo.

Durante tutta l’intervista Matteo Lancini continua ad affermare la totale innocenza dei giovani in questo rapporto talvolta ostico: “oggi i ragazzi raccontano cose che noi non avremmo mai raccontato agli adulti”, basta quindi ascoltare per essere bravi educatori, basta essere veramente e autenticamente presenti. Non a caso lo stesso Lancini ha scelto il suo mestiere con la missione di ascoltare, di sapere chi è l’altro: “chi sei tu?” ha più volte ribadito durante l’intervista.
La gioventù viene accusata di non saper vivere e relazionarsi profondamente con educatori e coetanei: sono tacciati di non sapere stare in relazione, di negare parte della loro vita in nome di una finta socialità in rete, quando in realtà la dipendenza da internet non esiste, e la vita onlife di cui parla già Floridi è la naturale evoluzione del processo tecnologico. La socialità di rete ha infatti cambiato il modo di vivere le relazioni, che sono ormai spostate su valori diversi: “oggi è più importante vivere nella mente dell’altro che compenetrare il corpo”. C’è anche un forte cambiamento di paradigma nel modo di vivere le relazioni: secondo il Professore una relazione perfetta non può esistere nei termini di una attuale relazione di coppia, in quanto la coppia “implica una mediazione tra i bisogni propri dell’altro”, a cui le nuove generazioni sembrano voler rinunciare in favore di una maggiore determinazione di sé.
Un nuovo cambiamento deve dunque venire dalla società, da coloro che tanto demonizzano la realtà dei giovani adulti: l’educazione da parte della scuola e della famiglia deve dare un’alternativa alla sottocultura di Internet, alla sottocultura di altri ambienti che minano una sana crescita delle nuove generazioni. “Ho provato a difendere la scuola pubblica e privata fino al giorno della sua morte” dichiara di voler veder scritto sulla sua lapide.

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