“Come facciamo a chiamarci patriottici oggi?”
Domenica 18 maggio, presso l’Auditorium del Salone, Aldo Cazzullo ha dialogato con il giornalista Francesco Costa nel tentativo di rispondere a questa domanda.
Secondo lo scrittore, noi italiani tendiamo a raccontare la nostra Storia come se fosse una serie ininterrotta di sfortunati eventi, un insieme di battaglie perse, fallimenti militari e promesse non mantenute; non sentiamo più un attaccamento all’idea di patria, se non quando si tratta di difenderla dalle maldicenze dei turisti o degli stranieri, mentre, per il resto, siamo i primi a denigrarla.
Al contrario, Cazzullo è convinto che essere italiani sia una benedizione, dato che, in quanto tali, abbiamo la possibilità di abitare il “Paese più bello del mondo”. Questa fortuna è tuttavia sia un onore che un onere, perché dobbiamo dimostrarci all’altezza del lascito dei nostri genitori, dei nostri nonni e della nostra Storia.
Molti italiani, inoltre, che sembrano denigrare il passato del loro Stato, a partire dal Risorgimento, da tanti ritenuto una colonizzazione del sud da parte del nord invece che una lotta per l’Unità d’Italia, allo stesso tempo inneggiano al fascismo.
Aldo Cazzullo, tra i saggisti più letti di oggi, ci ha posti davanti a una verità scomoda su noi stessi e sul nostro modo di vedere il mondo: l’Italia che ci raccontiamo è ben diversa dall’Italia vera, per cui, finché non riusciremo a leggere la nostra Storia senza farci condizionare dalle opinioni personali e dalle dicerie, non potremo capire a fondo né quello che chiamiamo il nostro Stato né, tantomeno, la nostra identità.