Banksy è sicuramente uno degli artisti più discussi dei nostri tempi. La notizia del suo ultimo intervento alla Corte di Giustizia ha acceso il dibattito ancor di più, non solo a livello artistico, ma anche a livello politico.
Per Alessandra Orefice, autrice di “L’arte fuorilegge. Banksy dai muri ai musei (e oltre)”, non poteva esserci occasione migliore per presentare il suo libro. Nell’incontro di pordenonelegge a lei dedicato Marta Mazza, storica dell’arte, ha provato più volte a sollecitare l’autrice ad approfondire i temi che il suo saggio si ripromette di trattare: i graffiti sono vera arte? chi è davvero Banksy?
Di certo la street art è un movimento non ancora storicizzato, nato fuorilegge. Anche per questo si palesa la necessità dell’anonimato, condizione che ha contribuito ad aumentare la sua notorietà. Si tratta, infatti, di un anonimato seduttivo: è quasi più importante che un’opera sia di Banksy, piuttosto che l’opera in sé stessa. Oggi la sua notorietà è tale che è difficile pensare che riesca a lavorare senza il supporto di un team alle sue spalle. Lo si capisce anche dal fatto che è cambiato il modo in cui reclama la paternità delle sue opere: dalla firma ai post su Instagram.
Le risposte vaghe non fanno comprendere al meglio lo spirito del libro, un lavoro approfondito, nato in ambito di ricerca universitaria, che stando alle parole di Mazza attraversa con autorevolezza la critica.
Infine, la domanda forse più importante: Banksy è un artista politico o sono politiche le sue opere?
Ci si sarebbe aspettati una risposta più significativa da parte di Orefice, soprattutto considerati i lavori dell’artista riguardanti scenari di guerra oggi ancor più attuali e, più recentemente, la necessità delle autorità inglesi di cancellare la sua ultima opera, fatto che più di tutti attenta al suo anonimato.
Così si è conclusa la conferenza tenutasi la sera dello scorso venerdì al Palazzo dei Libri in occasione di pordenonelegge.
Anna Di Pinto, Livia Padoani, Liceo M. Grigoletti.