“Carta e penna. Non più di questo. Non meno di questo. Nell’era egemonizzata da Internet e dalla dimensione virtuale, un informatico, un attivista digitale, un dissidente che ha segnato l’opposizione egiziana nel decennio precedente alla rivoluzione di piazza Tahrir del 2011, chiede ai magistrati e ai suoi carcerieri carta e penna. Lo chiede con costanza. Non si dimentica mai di chiedere carta e penna mentre pretende verità e giustizia, dignità, fine delle torture e delle umiliazioni per tutti i prigionieri egiziani”. Alaa Abd el-Fattah è un dissidente politico egiziano, ma probabilmente molto di più. E’ una delle menti più lucide di tutta la regione araba, nonchè uno dei protagonisti del panorama politico egiziano e arabo e una delle figure più iconiche del movimento egiziano per i diritti umani. Comunica in maniera tanto potente che le sue parole, le sue richieste, le sue denunce sono arrivate fino a noi e stanno viaggiando per il mondo. Figlio della più importante famiglia egiziana di attivisti e difensori dei diritti umani e civili, Abd el-Fattah ha una formazione da informatico e programmatore. Ha creato insieme alla moglie Manal Hassan la prima blogosfera araba, un aggregatore di blog che pubblica in tempo reale tutti i post che escono dai diari virtuali egiziani.
Abd el-Fattah è in prigione da nove anni, costretto in condizioni durissime, privato di un letto, di una brandina, di un orologio, di carta e penna, degli strumenti per misurare i suoi parametri vitali. Da sei mesi e tre giorni sta portando avanti uno sciopero della fame e ciò significa che non vivrà ancora per molto. Fa arrabbiare pensare che sono persone così brillanti a morire e si teme che i suoi pensieri scompariranno con lui.
Il suo libro Non siete stati ancora sconfitti è stato tradotto da pochi mesi in Italiano ed è stato presentato al Festival di Internazionale a Ferrara 2022 dalla sua curatrice Paola Caridi e dalla giornalista Catherine Cornet. Quella in italiano, pubblicata dalla piccola casa editrice la Stanza del Mondo e sostenuta economicamente da Amnesty International e ARCI, è stata la prima traduzione a livello mondiale insieme a quella in inglese. Si tratta di un libro importantissimo nel dibattito politico internazionale, dalla struttura molto particolare: una sorta di commistione tra un saggio e un quaderno dal carcere, una raccolta dei testi che ha scritto nel corso dello scorso decennio travagliato e ricco di rivoluzioni e sommovimenti. Purtroppo Abd el-Fattah non è l’unico in una condizione così difficile: più di sessantamila attivisti sono rinchiusi nelle carceri egiziane solo perché chiedono libertà e dignità. Il sistema egiziano li isola e spesso neanche i loro familiari conoscono le loro condizioni. Centinaia di loro vengono uccisi senza che nessuno lo sappia.
Sembrano fatti tanto lontani da noi, ma in realtà condizionano profondamente la nostra realtà politica e la impoveriscono facendole perdere frammenti di democrazia.
“Un quaderno e una biro sono simboli innocui alla nostra vista limitata di persone libere. Sono, invece, i simboli potenti della dignità negata e della umiliazione quotidiana a cui il prigioniero politico è sottoposto […]. Tutti i sistemi autoritari, del passato e dell’oggi, sono accomunati dall’incapacità di gestire il proprio rapporto con l’atto del pensare […]. L’esercizio del pensiero è quella forza dei fragili che impone, alla tirannia, di togliere dalla vista della società, o meglio, di coloro che sono (ancora) liberi, i corpi dei dissidenti e rinchiuderli dentro le mura delle carceri perché restino invisibili”.