Sabato 17 aprile in occasione del festival Internazionale a Ferrara si è svolto l’incontro con la scrittrice etiope Maaza Mengiste condotto dalla giornalista Francesca Sibani.
Oggetto dell’intervista è stato il suo ultimo libro dal titolo “Il re ombra” in cui si racconta la resistenza etiope contro l’invasione italiana iniziata nel 1935 attraverso gli occhi della giovane domestica Hirut. Fin da subito l’autrice ha chiarito l’importanza che ha dato alla memoria storica per cui ha scelto di intraprendere un progetto di ricerca molto rigorosa attraverso la lettura di raccolte epistolari, diari e documenti. Ha assunto in quest’ottica un ruolo centrale la fotografia, che trova il suo spazio sia materialmente all’interno del romanzo sia attraverso le parole. Questa scelta è motivata dal fatto che mentre le fotografie fissano precisi istanti, le parole consentono di ridare vita a quegli istanti fissati per sempre e di porli in dialogo con chi parla.
Alla fotografia è legato anche un personaggio del romanzo: Ettore Navarra, fotografo italo-ebreo, giunto in Etiopia nel 1935. Dietro al suo personaggio si cela una dicotomia: se da una parte è combattente a fianco dell’Italia per la conquista dell’Etiopia, dal 1937, anno in cui vennero promulgate le leggi razziali da Mussolini, diventa lui stesso nemico della sua patria in quanto non ariano.
Maaza Mengiste rivela di essersi ispirata all’intervista di una donna che racconta la storia del fratello ebreo anch’egli arruolato come soldato in Etiopia, ma nel 1937 costretto ai lavori forzati nei campi di concentramento. Al suo ritorno per il duplice trauma vissuto non riesce più a raccontare la sua esperienza. Parte del suo dolore è dovuto al lavoro che ha svolto in Etiopia in cui era tenuto a documentare attraverso la sua macchina fotografica episodi di violenza. Racconta di come fosse difficile per lui, uomo sensibile e dai forti valori, prendere in mano quella macchina fotografica e fissare l’obiettivo sulle principali vittime della crudeltà dei soldati: le donne.
Esse sono tuttavia contraddistinte da una grande forza d’animo che le porta a resistere ai soprusi di uomini che guardano ai loro corpi come “un campo di conquista” per distruggere il nemico. L’autrice ha scelto di dare risalto alle voci femminili nel romanzo sottolineando come lei stessa si senta parte di un “coro di donne” che in quanto tali si sentono ingiustamente parte di una minoranza e per questo sono più sensibili alle testimonianze degli emarginati.
È importante per lei rovesciare la tendenza a privilegiare la storia che vede l’occidente come protagonista per offrire il punto di vista della storiografia africana.
Un corteo romano a cui Maaza ha partecipato le ha offerto lo spunto per una riflessione sulla storiografia futura in cui auspica di vedere finalmente “la bozza della storia attraverso gli occhi delle donne” il cui ruolo attivo nei trascorsi viene troppo spesso dimenticato. È il caso delle donne partigiane che secondo l’autrice meriterebbero un riconoscimento più concreto per il coraggio dimostrato in difesa della patria e dei propri valori.