Scuola, istruzione ed educazione: tre temi che al festival di Internazionale non possono mancare. Su di essi si articola il confronto, avvenuto presso il Ridotto del Teatro Comunale a pomeriggio inoltrato. Moderato dalla giornalista Anna Franchin, il dialogo è stato animato da opinioni contrastanti tra Antonella Di Bartolo, dirigente dell’istituto Pertini di Palermo, Alice Quattrocchi, studentessa e attivista per il clima, e la ricercatrice Alessia Zabatino. All’evento, inoltre, ha preso parte anche Cristiano Capisani, rappresentante della cooperativa Cidas, desiderosa di sostenere anche il tema dell’educazione.
Il dialogo ha avuto inizio con l’intervento della Di Bartolo che ha elencato i contributi che la scuola può offrire nei quartieri più malfamati, come il quartiere Brancaccio, dove si trova l’Istituto Pertini. La dirigente scolastica ha aperto il suo discorso affermando che “l’educazione è partecipazione e la partecipazione è comunità” e in questa direzione orienta la propria idea di scuola. Scuola che, per lei, deve diventare un luogo di incontro, scambio di idee, partecipazione ed elaborazione della cultura al fine di produrre la bellezza. “La scuola come piazza di quartiere, nei quartieri dove una piazza non c’è”: è questa la visione ideale della dirigente Di Bartolo. Per far realizzare ciò, però, è necessario che la scuola rimanga aperta al progresso e all’innovazione. Ed è propri in questo campo che si concentrano gli studi della ricercatrice Alessia Zabatino che, da dieci anni ormai, si dedica al recupero di luoghi a rischio di scomparsa. A partire dalle piccole scuole di questi posti sperduti e spopolati in giro per l’Italia, è nata la Rete Nazionale delle Piccole Scuole che cerca di garantire a bambini e bambine, ragazzi e ragazze, percorsi educativi di qualità.
Infine, ha chiuso la discussione Alice Quattrocchi, attivista per il cambiamento climatico. Le sue parole sono state estremamente crude e cariche di delusione. La ragazza si è mostrata particolarmente ostile nei confronti del ruolo attualmente ricoperto dalla scuola. Portando la sua esperienza, ha rivelato al pubblico che la scuola non ha mai contribuito ad arricchire le sue conoscenze sulle grandi crisi globali del nostro sistema e che il suo bagaglio di informazioni proviene esclusivamente da uno studio autonomo. Nel tono di voce della ragazza si riconosceva pienamente la rabbia e il rancore per ciò che la scuola continua a non fare. Appare chiarissimo il messaggio che vuole lanciare, sia ai suoi coetanei che agli adulti terribilmente assuefatti: il grande errore che la scuola sta compiendo è non sfruttare completamente le sue risorse e solo quando ci si renderà conto di questa enorme potenzialità si potrà sperare in un futuro migliore.