La memoria non esiste, non quell’univoca memoria a cui siamo sempre stati abituati a pensare. Come se la mente fosse un prisma, la memoria viene divisa nelle sue parti fondamentali. La memoria ricostruita, quella in cui tentiamo di immaginare come possano essere avvenute talune faccende; quella intergenerazionale, quei traumi che, come cicatrici secondo l’evoluzione Lamarckiana, si ereditano o più semplicemente tutto quello che un genitore può trasmettere a un figlio; quella di noi stessi, e quelle stesse cose che, come i nostri genitori hanno fatto con noi, trasmetteremo ai nostri figli. Queste ovviamente non sono tutte le forme della memoria, ma sono quelle che sono state fulcro del dialogo che il 29 settembre, in occasione del Festival del Libro Ebraico si è tenuto tra le scrittrici Laura Forti e Raffaella Romagnolo, in occasione della presentazione dei loro rispettivi libri “La figlia inutile” (Guanda, 2024) e “Aggiustare l’universo” (Mondadori, 2024), con l’aiuto della moderatrice Federica Veronà.
Laura Forti, nel processo di composizione del libro, ha dovuto ricostruire, o per meglio dire “recuperare dal nulla”, diversi episodi del romanzo tramite quella che ha chiamato “memoria ricostruttiva”. Non essendo disponibili ricordi o fonti di alcun tipo, ognuno di noi si trova ad inventare episodi del passato, spesso anche delle nostre vite; l’obiettivo non è romanzarci sopra, ma creare una ricostruzione quanto possibile fedele a come le cose sarebbero davvero dovute andare.
Romagnolo afferma che nella stesura del suo ultimo romanzo ha esplorato quelli che possono essere definiti come due vuoti di memoria e interesse nella storia nazionale italiana. Da un lato, il più macroscopico, il romanzo rivolge grande attenzione alla guerra aerea combattuta durante la Seconda Guerra Mondiale. Romagnolo ci ricorda come i bombardamenti in territorio italiano siano stati tanto più intensi quanto ora sono dimenticati, e come questi bombardamenti abbiano colpito non solo le grandi città: “La storia non risparmia nessuno, le cose importanti non succedono solo a Roma e Milano” ci ricorda Romagnolo. D’altro canto Romagnolo rivolge grande attenzione anche alle conseguenze che hanno avuto i vari provvedimenti razziali nella microstoria: la Storia non è quella dei grandi, diceva Manzoni. Ripercorrere l’importanza di ciò che accade nella microstoria, quegli avvenimenti che nessuno si degnerà mai di annotare ma che per interi nuclei familiari possono segnare i destini di ognuno, è stato l’obiettivo del romanzo di Romagnolo
Questa ragione non ha soltanto spinto Romagnolo a scrivere, ma è anche il motivo che l’ha portata a scrivere romanzi storici, i quali secondo lei sono necessari nel caso i testimoni degli eventi non siano più capaci di trasmettere il ricordo. Pensiamo per un momento ai lasciti delle antiche civiltà: erano così grandi, e nella maggior parte dei casi ciò che di loro ci rimane sono leggende. Così man mano che il tempo avanza i testimoni dell’epoca passata si fanno meno numerosi, e le potenziali fonti si diradano. È per questo che entrambe le autrici si sono soffermate sul valore della memoria dei nostri antenati, passando quindi a dialogare sulla memoria intergenerazionale: cosa vogliamo salvare dei nostri padri? Cosa vogliamo invece trasmettere ai nostri figli? Cosa, seppur senza la nostra volontà, verrà tramandato?