Guadalupe Nettel è stata oggi ospite del Salone Internazionale del Libro di Torino in occasione dell’uscita del suo nuovo libro “La vita altrove” edito da La nuova frontiera.
I “los divagantes” di Nettel, ossia gli “individui senza rotta” sono i protagonisti degli otto racconti che si rivolgono alla sfera più intima dell’animo umano, incentrandosi sulle sue debolezze e preoccupazioni.
Uno dei temi centrali è l’infanzia, che nei romanzi di Nettel abbraccia un significato più ampio e viene intesa come sentimento che può risvegliarsi in noi anche in un’età più matura: “L’infanzia rimane rintanata nei nostri corpi appassiti, per poi ricomparire sotto forma di ingenuità e certezza, con la potenza di un lampo”.
Guadalupe ha inoltre sottolineato come la maternità sia sempre centrale nelle sue opere, visibile in particolar modo in “La figlia unica” in cui viene raccontata l’esperienza tragica vissuta da un’amica. Il principale obiettivo del romanzo è mettere in evidenza la poca attenzione riservata alle donne che spesso sono costrette ad abbandonare la propria carriera per badare ai figli.
L’autrice ha posto sotto i riflettori anche l’importanza di conoscere le proprie origini, che affondano nel passato proprio come le radici dell’araucaria, protagonista del racconto “Un bosco sotto la terra”. Questo imponente albero, che ha condiviso la vita di intere generazioni di una famiglia, contrae un fungo e si secca. Allo stesso modo, i rapporti familiari cominciano a sfaldarsi, lasciando atterrito l’Io narrante.
In ultima battuta, Nettel ha condiviso con il pubblico una riflessione personale, affermando che l’antidoto alla tristezza, spesso dovuta ai continui impegni a cui siamo sottoposti quotidianamente, sia “creare delle isole di noia” in cui dar spazio alla riflessione personale.