16 maggio 2025, Cronache, Salone del Libro 2025

La guerra delle parole


Matilde Padovani, Alice Poerio

Liceo Ariosto - Ferrara

Un caloroso applauso ha accolto nel pomeriggio di venerdì 16 maggio, in Auditorium, i due storici  Alessandro Barbero e Anna Foa.

I due hanno dialogato  con il moderatore Giuseppe Laterza su alcune parole fondamentali: identità, patria, nazione e occidente.  

Entrambi hanno sottolineato come questi termini assumano un evidente valore negativo e siano portatori di violenza, odio e divisione solamente nel momento in cui vengono  usati in modo strumentale politicamente.

Gli antichi Greci hanno costruito la propria identità sulla base dell’esclusione: non ebbero remore nel classificare indistintamente tutti gli altri popoli come barbari additando come tali, in un primo momento,  anche quei Romani che li avrebbero successivamente conquistati. Proprio a partire dal confronto con i latini i Greci sarebbero poi stati di fatto costretti a riabilitare la cultura di quel popolo cancellandone l’originaria aura barbarica. 

Sia Alessandro Barbero che Anna Foa hanno poi affrontato l’importanza che il tema dell’identità assume oggi all’interno del contesto russo-ucraino e israelo-palestineseDue guerre, queste, che, nonostante il contesto differente, sono state entrambe scatenate da un’errata convinzione di superiorità e dalla volontà di imporre una nuova identità a popoli che già ne avevano una. In particolare nel conflitto dell’Est-Europa  si nota come una nazione, talmente forte della sua identità, creda di essere legittimata a imporsi su un’altra, incurante della tradizione e della cultura dell’aggredito.

Il Comprendere attraverso un’analisi storica che le parole possono essere portatrici e generatrici di guerra  risulta essere in questo Salone una questione di primaria importanza: “Le parole tra noi leggere” è infatti il tema guida di  questa trentasettesima edizione. 

In una situazione globale costellata di conflitti e violenze, non solo fisiche ma anche verbali, risulta non solo necessario prestare attenzione all’uso che si fa di certi termini, ma appare ancora più urgente “disarmare” le parole per costruire davvero una cultura della pace.

 

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