“Avere coraggio non è un gesto maschile. Chi lo dice?”
In questo modo Emma Dante, grande figura nel mondo del teatro, parla della sua Giovanna D’Arco, opera lirica della regista che verrà presentata alla città il 24 gennaio presso il Teatro Regio.
L’artista ha dialogato con la Direzione Futura proprio su questo suo ultimo spettacolo.
L’opera lirica, ci racconta, è complessa da seguire, soprattutto per chi è alle prime armi, ma possiede due elementi che la rendono un’esperienza mistica e spirituale, capace di arrivare al cuore. Primo fra tutti la musica, un linguaggio universale senza età e con il potere di meravigliare da sempre, e l’immagine, tratto fondamentale per coinvolgere anche il pubblico meno esperto in opera, un piccolo aiuto che attutisce il colpo.
Protagonista dell’opera è anche, indiscutibilmente, il testo, il libretto, che Dante dice di non voler tradire: piuttosto che modificare il testo o la scenografia in chiave moderna preferisce tornare all’antichità e lavorare con la simbologia.
E di simboli nella sua Giovanna D’arco se ne trovano tanti, a partire dagli spiriti maligni che perseguitano l’eroina raffigurati attraverso le fiamme, ballerine infuocate con code rosse che vogliono costantemente ricordare a Giovanna la sua fine, il rogo, l’essere maledetta. Anche i fiori sono ricorrenti nella tragedia, simbolo di una natura che prende il sopravvento, capace di rimarginare una ferita in cui il sangue sgorga: così gli spiriti eletti, i soldati morti in guerra, fioriscono, diventano fiori, e la stessa Giovanna in seguito morirà tra i fiori.
La protagonista è poi allegoria di una vita che pulsa, che resiste e disobbedisce alle leggi ingiuste imposte dal suo tempo. È, in questo senso, un’eroine femminista che sceglie di fuggire da un padre rigido e autoritario: la Giovanna di Emma Dante, a differenza della narrazione storica, una volta presa la scelta di andare in guerra non assume tratti maschili, non le vengono messi i pantaloni. Resta nel suo acceso e sfidante abito rosso, si presenta di fronte alla guerra così com’è, donna. Perché il coraggio non è un gesto da uomini: l’amore per la patria, il grande senso di comunità di Giovanna non dissacrano in questo spettacolo i tratti femminili, l’essere fieramente quel che si è.
La spinta che ha la protagonista per andarsene non si inscrive in un piano definito, razionale e conosciuto, è al contrario una voce che viene da dentro, un qualcosa che ha a che fare con l’istinto, che le suggerisce piano all’orecchio “vai via di qui, trova il tuo spazio”.
Solo in questo modo si possono sconfiggere le proprie paure, solo assecondando quella voce interiore che ci dice di andare. E non solo la voce interiore: Emma Dante lo ripete ben tre volte di seguito a gran voce quell’ “Uscire. Uscire. Uscire” che rimbomba nell’auditorium.
Ci consiglia di ascoltare ogni tanto l’irrazionale che sta dentro di noi, che ci suggerisce che la nostra casa, il nostro piccolo mondo ci sta ormai stretto. Dunque è inevitabile uscire, andare, viaggiare, incontrare persone. Varcare le porte dei teatri e lasciarsi affascinare dal grande schermo dei cinema. La sfida di oggi è quella di andare oltre uno sguardo gobbo, genuflesso, con poche prospettive e pochi angoli. Dobbiamo riabituarci ad osservare la vita nel suo insieme, sfidare la linea dell’orizzonte: questo è realizzare i propri sogni.
Credo dunque che un primo passo per concedersi un tempo di distacco dal baccano del reale, che non permette di entrare nell’animo delle cose, possa essere proprio quello di andare a toccare con mano la meraviglia della Giovanna D’arco di Emma Dante.
Crediti foto: Spazio5a