Nella tarda mattinata della seconda giornata del Festival di Internazionale, il palcoscenico del Teatro Comunale di Ferrara ha ospitato Amira Hass, giornalista ebrea israeliana del quotidiano di Tel Aviv Haaretz, che ha raccontato la realtà del massacro nella striscia di Gaza, intervistata da Francesca Gnetti.
Il racconto della giornalista ha catalizzato l’attenzione di un teatro gremito, che ha seguito ogni momento dell’intervista con grande partecipazione e coinvolgimento emotivo. Questa narrazione di un presente disumanamente violento, ha permesso al pubblico di conoscere la guerra da una prospettiva diversa: Hass ha, infatti, condiviso l’esperienza che ha vissuto in prima persona nella città di Ramallah, in Cisgiordania.
Seguendo la linea del suo libro Domani andrà peggio (Fusi Orari, 2005), l’autrice israeliana ha ripercorso la progressiva escalation da un momento in cui si intravedeva la pace tra i due popoli, con gli Accordi di Oslo del 1993, fino al conflitto odierno, in cui la concordia sembra tremendamente lontana.
Israele è lacerata da conflitti interni tra i sostenitori di Netanyahu e i suoi oppositori, ma lo Stato ebraico continua la sua politica di istigazione all’odio, incurante del “multipolarismo” dei suoi cittadini. Invece di provare a deporre le armi a favore della diplomazia, Israele sta trascinando in guerra le nazioni confinanti contando sul complice silenzio del mondo e delle comunità ebraiche. Queste azioni seguono il disegno politico del Primo Ministro, che vuole l’estinzione del popolo palestinese, noncurante degli ostaggi che muoiono sotto le sue stesse bombe.
Israele agisce affermando di rappresentare ogni ebreo del mondo e sfruttando la propria immagine di vittima dell’attentato terroristico del 7 Ottobre 2023. Tali dichiarazioni sono state smentite durante l’incontro dalla stessa Amira Hass, che denuncia gli errori del suo governo.
Questa conferenza ha evidenziato le brutalità del conflitto in corso, lasciando poco spazio ad una prospettiva di pace futura, irraggiungibile a causa della finta inconsapevolezza mondiale.