Oggi, domenica 22 maggio, al Salone di Torino, Marcelle Padovani ha presentato il libro Giovanni Falcone. Trent’anni dopo, edito Sperling&Kupfer.
Lo scopo dell’autrice è quello di ” normalizzare “figure come quella di Giovanni Falcone, poiché le loro azioni non devono essere considerate irripetibili: non bisogna pensare a Falcone come a un eroe o a un santo, altrimenti diventerebbe una figurata isolata.
La giornalista ha descritto molto bene l’ex magistrato lodandone la concretezza e la capacità di portare avanti un’ipotesi senza supposizioni né preconcetti, a differenza di come tradizionalmente accadeva in Sicilia. Padovani inoltre definisce Falcone un “illuminista siciliano” per via del suo approccio metodico, coerente e razionale.
Ciò si rifletteva anche nell’accuratezza del suo linguaggio sia nel rapporto con i giornalisti, sia con i pentiti, tanto da rispettare il gergo tipico della mafia quando dialogava con i collaboratori di giustizia come nel caso di Tommaso Buscetta.
L’autrice ci ha dato anche uno spunto di riflessione sul presente e sul futuro della lotta contro la mafia. Ora ha un nuovo modo di agire: dopo aver capito che combattere lo Stato con la violenza è controproducente, non troviamo più mafiosi “con la coppola” che imbracciano le armi, ma piuttosto suoi affilati infiltrati nei consigli di amministrazione. La mafia sta creando una vera e propria classe dirigente.