Istituto Soleri Bertoni
Nella vita capita di incontrare persone le quali hanno da raccontarci storie che ci inducono a riflettere su eventi, problemi e ingiustizie…approfondendo la conoscenza, affiorano particolari, scelte, percorsi di vita che ci erano sconosciuti.
E’ quanto successo con la lettura del libro di Tiziana Ferrario “La bambina di Odessa” , grazie al quale abbiamo incontrato una donna straordinaria, Lydia Buticchi Franceschi, e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere meglio l’atmosfera di scontro spesso violento fra gruppi di diverse ideologie politiche degli anni settanta ( gli anni di piombo).
Durante l’ incontro nella casa di reclusione di Saluzzo tra Tiziana Ferrario e Cristina Franceschi, noi ristretti e gli studenti di due classi dell’Istituto Soleri Bertoni di Saluzzo, abbiamo imparato a conoscere Lydia anche dal punto di vista degli aspetti intimi e personali della sua tragedia; attraverso le parole della figlia Cristina abbiamo colto il calore e il sostegno reciproco che si diedero l’un l’altro i membri di quella famiglia.
Mi aspettavo che nell’incontro trapelasse innanzitutto il dolore, che ha fatto certo da sfondo alle nostre domande e alle risposte, ma al centro dei discorsi sono stati soprattutto la straordinaria forza di Lydia e il suo impegno civile perché venisse fatta verità sui responsabili dell’uccisione del figlio: una lotta per avere giustizia che andava aldilà del caso personale per diventare una battaglia comune: “Il dolore è nostro ma la verità appartiene a tutti.”
Abbiamo parlato della Costituzione, che è stata il punto di riferimento di Lydia nei ruoli che ha ricoperto come insegnante e preside impegnata per una scuola che garantisca a tutti pari opportunità, in particolare a quegli studenti che dalle loro condizioni famigliari ricevono meno opportunità, e che favorisca l’inserimento degli alunni diversamente abili. L’articolo 3 della Costituzione ribadisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge e che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. E’ proprio questo che Lydia ha voluto realizzare nella scuola fino a quando, delusa dal comportamento delle istituzioni dello Stato, ha scritto una lettera al ministro della Pubblica Istruzione per dimettersi dal suo ruolo di preside. Una lettera che non è una dichiarazione di sconfitta, ma di fiera protesta, e che venne rifiutata dalla ministra; Lydia ricevette anzi l’importante incarico di guidare la formazione di insegnanti di sostegno per gli alunni portatori di handicap, ai fini del loro inserimento scolastico.
Ho pensato a Lydia, al suo impegno per il rispetto della dignità delle persone, per la giustizia e per l’uguaglianza quando ho letto una frase che non ricordo a chi sia attribuita:
“ Siamo figli dello stesso mare,
foglie dello stesso albero,
fiori dello stesso giardino”.
Siamo tutti diversi, ma tutti siamo uguali di fronte alla legge. La diversità non deve mai essere considerata come superiorità o inferiorità di alcuni rispetto ad altri.
Al termine dell’incontro, mi hanno fatto piacere le parole del garante regionale che ci ha elogiati per il nostro impegno, ma si è anche stupito per la moderazione delle nostre domande sul tema della malagiustizia…
Infine noi reclusi abbiamo offerto una merenda in segno di rispetto e di riconoscenza per tutti coloro che ci sono venuti a trovare e hanno dialogato con noi: quel momento informale è stato molto bello anche perché ha permesso lo scambio di opinioni e la conoscenza reciproca tra noi detenuti e i giovani allievi dell’Istituto Soleri Bertoni.
Portiamo sempre con noi l’insegnamento di Lydia Buticchi Franceschi e il suo monito SEMINARE, SEMINARE, SEMINARE!!!
Grazie a tutti
PIETRO