La scrittura è meglio del valium
Ognuno di noi ha radici in terreni che possono essere fertili o meno fertili, infatti tutto ciò che siamo e saremo domani lo dobbiamo alle persone che ci hanno accompagnato nella nostra formazione, agli insegnamenti ricevuti e alle esperienze che abbiamo fatto.
Jonathan è un ragazzo cresciuto nel paese dei tossici, degli operai, degli spacciatori. I tamarri, i delinquenti, la gente seguita dagli assistenti sociali. Lì crescono adolescenti con mille sogni personali che nella maggior parte dei casi non riusciranno a realizzare. Jonathan invece riesce a superare tante difficoltà, a studiare e a laurearsi, a diventare uno scrittore di successo.
La sua forza è che non ha avuto timore di raccontarsi, nel bene ma soprattutto nel male, a farsi conoscere senza vergogna : su tutto il desiderio di guardare oltre e di non fermarsi. Perchè è questo che si può imparare di buono nei quartieri dove puoi contare solo su te stesso: a non arrenderti anche se le difficoltà sono tante.
Jonathan è determinato e fragile nello stesso tempo, col virus voglio farci qualcosa, agire su di lui, modificarlo, non essere inerme, subirlo. Scriverne, per esempio, sfruttando la mia condizione di privilegiato, di contaminato che non prova vergogna. Rinominare quello che mi è successo, appropriarmene con le parole…
La scrittura può curarci meglio del valium.