Laboratorio, Un libro tante scuole

Un’alìce alla presenza d’un grande delfino


Claudia Palermo

1C Liceo Scientifico - Torino

Il protagonista del romanzo è Arturo Gerace, figlio di Wilhelm Gerace, un ragazzino di 14 anni con gli occhi mori e capelli ricci; un bambino cresciuto senza nessuna figura femminile accanto, se non quella del suo cane, Immacolatella. La madre, infatti, è morta dandolo alla luce e di lei lui conserva solo una vecchia foto sbiadita. Arturo era stato allevato dai garzoni, dal “balio” Silvestro, che lo aveva allevato con il latte di capra e con cui instaura un sincero rapporto di affetto. Arturo si sente felice, di una “felicità naturale” anche se in fondo soffre per le frequenti assenze del padre, sempre in viaggio, e guarda sempre verso il porto, in attesa che ritorni a casa, a Procida. Descrive suo padre come un dio: splendente, coraggioso, furbo, intelligente, diverso dagli altri isolani anche nell’aspetto: primeggiava per la statura, “il suo corpo nell’estate acquistava uno splendore bruno carezzevole, imbevendosi di sole… nella stagione invernale tornata chiaro come le perle”. Arturo idealizza il padre e cerca sempre la sua approvazione, compiendo anche atti coraggiosi per sorprenderlo, come quando cerca di riprendere l’orologio perduto in mare. Nella realtà, però, Wilhelm non è come lo vede il proprio figlio, egli è infatti un uomo gretto, arrogante, egoista, presuntuoso e violento. E’ anche misogino, lo si può notare da come si comporta con la sua giovane sposa, Nunziatella: la tratta con aria di superiorità e talvolta la afferra e stringe con violenza. Arturo in quei momenti un po’ si spaventa, ma non ha il coraggio di dire nulla. Egli guarda tutto da una prospettiva fantastica e mitizzata, conosce poco del mondo e nutre verso il padre sentimenti di ammirazione e soggezione, al suo cospetto gli sembrava d’essere “un’ alìce, alla presenza di un grande delfino”.

 

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