“Il razzismo non è naturale;
per natura, il nostro cervello non fa distinzioni razziali”.
Così esordisce Lilian Thuram, ex-calciatore di fama mondiale e campione del mondo nel 98 con la Francia, spiegando il titolo del suo nuovo libro “Il pensiero bianco”.
Per capire l’origine del razzismo, bisogna andare alla radice, ragionare anche nel senso opposto, pensare perché si sono verificate queste discriminazioni da parte delle persone bianche.
Queste ideologie, che si sono sviluppate maggiormente nella società bianca occidentale, sono dei filtri ideologici – spiega – e sono come degli occhiali che distorcono la realtà. Questi occhiali fanno vedere cose che non sono naturali, cose che solo il pensiero bianco fa percepire alla società.
Allora alla domanda: “Ma cos’è questo pensiero bianco?”
Lilian spiega che questo “pensiero” è la convinzione delle persone bianche sul fatto che esista una razza (la loro) che prevale a discapito di altre.
Queste idee vengono inculcate fin da piccoli nella società attuale, ma soprattutto in quelle passate, e questa “educazione” ci porta a fare qualcosa di inconsapevole.
Inoltre, Thuram aggiunge che questa sorta di educazione cambia da Paese a Paese. Osserva del fatto che ogni singola nazione abbia degli ideali diversi e delle credenze diverse, che però non giustificano il razzismo in nessun modo. Ogni Paese ha dei pensieri e dei pregiudizi diversi, buoni o cattivi che siano, però bisogna saperli ben distinguere ed soprattutto estirpare quelli di cattiva origine.
Nessuno nasce bianco o nero. All’inizio si è accettati così come siamo però, nel momento in cui una persona appone l’ etichetta di “bianco” o “nero”, inizia la discriminazione e il razzismo.
Thuram racconta un aneddoto di quando era un bambino, quando fino all’età di 9 anni si sentiva come gli altri. Un gruppo di bulli lo hanno chiamato “nero” e così è iniziata la discriminazione e ha cambiato la visione della vita in lui.
Una cosa simile è accaduta a suo figlio quando era piccolo: Lilian gli ha chiesto di che colore lui fosse. Marcus ha risposto: “Marrone”.
Poi gli ha chiesto di che colore fossero gli altri e lui ha risposto: “Rosa”.
Lilian precisa che i bambini non tendono a fare distinzioni razziali, ma si basano su quello che vedono. Questi pensieri verranno poi inculcati ai bambini quando cresceranno nella loro società e se li porteranno avanti per sempre. Ma si può cambiare in qualche modo questa società? Probabilmente sì, ma le prime a farlo devono essere le gerarchie che la società occidentale ha definito “normali”. Tuttavia non c’è nulla di normale.
Afferma che bisogna avere delle conoscenze su come sono strutturate, innanzitutto, per poi poterle cambiare e liberarsi delle discriminazioni.
Lilian ribadisce il fatto di capire come una persona parla e ragiona, capire come quella persona è stata educata e quali concetti/pregiudizi ha acquisito nel tempo. Una volta capito quello, si agisce di conseguenza per cambiare.
Non bisogna mai stare zitti davanti al razzismo.
Se non si parla, si accettano le discriminazioni.
Se si decide di approvare il razzismo, allora si può approvare ogni sorta di male.
Secondo Thuram, i bambini sono e saranno la chiave di tutto.
Sono loro che devono essere cresciuti in una società senza razzismo e saranno loro a dare l’esempio, a non rimanere zitti di fronte alle discriminazioni, di uscire dalla paura e di dire di no.
Se si vuole cambiare la società, bisogna neutralizzare il razzismo con i NO.
Bisogna cambiarla credendo in se stessi, perché l’autostima è la forza più grande che una persona possiede. Se una persona che soffre di razzismo, non può avere molta autostima e continuerà ad avere paura.
Il razzismo è una malattia che contagia i bianchi ma che uccide i neri.
“Questa malattia terrorizza i bianchi”, continua; “e hanno continuamente paura di improbabili complotti da parte delle persone nere contro la loro società.”
Questo è un messaggio contro il razzismo.
Bisogna farsi sentire, a gran voce.
Rimaniamo uniti contro le discriminazioni.
We say no to racism.