“La Peste” è il fuori dal comune.
Un avvenimento inaspettato, escluso dalla possibilità di intuizione, specialmente se si verifica, come ammette l’autore, in “un posto comunissimo”, tale è la moderna città di Orano.
Il romanzo di Camus è il panorama spiazzante di una società frenetica, abitudinaria, cieca, e poi d’un tratto immobile e oscura.
Accade infatti che tra la gente si diffonda una nuova consuetudine: quella di morire di peste.
Da questo momento in poi, i fatti raccontati ci appaiono quasi familiari.
La città sorpresa dal morbo si trova costretta ad una libertà “limitata” e la gente si muove come in una realtà immaginaria. La malattia non si riconosce né tra i numeri dei morti, né sui giornali, solo sui volti degli appestati. L’assedio costringe gli abitanti ad un lungo esilio dove ognuno soffre di una solitudine privata e condivisa. Attraverso i personaggi del romanzo, Camus si addentra tra i molteplici effetti del suo morbo. Il signor Cottard, con l’epidemia, ha trovato il modo perfetto per cancellare il passato; Tarrou, invece, vi si muove a proprio agio; il signor Grand ha dato un senso alle sue giornate. C’è chi vuole fuggire, chi si rassegna e chi si impegna a contrastare l’ordine della peste. Attorno al dottor Rieux ruoteranno i drammi e le vittorie dei concittadini, mentre il narratore indaga, oltre la tosse, oltre la febbre e gli ascessi, sintomi ben più subdoli del morbo.
Nel tentare di riconoscerne le cause, Camus ci offre un coinvolgente romanzo psicologico a tratti surreale mostrandoci dell’essere umano, una verità di compassione, lealtà e coraggio.
PERCHE’ LEGGERE QUESTO LIBRO?
Scegliete“La peste” perché c’è bisogno di memoria, di coraggio e di cuore.
Leggere il romanzo di Camus equivale a leggere la storia nascosta e vera dei flagelli che nel tempo hanno colpito l’umanità. Affrontare “la peste” significa affrontare sé stessi e l’uomo, attraverso un’analisi fatta di passione, razionalità e tenerezza.
Oggi vuol dire anche riavvolgere i fili del nostro presente, comprendere fino in fondo il distacco e l’incredulità degli abitanti di Orano, soffrire come succede ai sopravvissuti e al tempo stesso, sentirsi meno soli, avere speranza nuova.
Ci si sente ancora assediati, ancora soffocare dalla pandemia così come da tutte le forme di controllo che, direttamente o indirettamente, ci fanno vivere in un mondo di disgregazione, velocità, indifferenza, disuguaglianza, pericolo.
La peste è la condizione dell’uomo consapevole dei propri limiti e delle proprie ambizioni.
Attraverso il racconto dell’epidemia, Camus crea un clima di allerta, di paura, di esilio e poi, a poco a poco, di abitudini. Ecco che, in quel processo di astrazione che confonde le illusioni con i bisogni indispensabili dell’uomo, i cittadini diventano topi, inerti e complici del proprio flagello.
Dietro la peste che aleggia tra il passato e il presente dell’umanità, l’autore scopre il morbo del suo tempo: i regimi totalitari che opprimono l’Europa tra la prima e la seconda guerra mondiale. Scrive, quindi, un libro di rivolta e di speranza, in cui i lavoratori silenziosi mostrano il coraggio di agire e di morire, di rinunciare alla propria forma di umanità, per altruismo o per il bisogno di libertà.
In ogni personaggio infatti si cela la forma di sofferenza morale che porta alla ribellione e alla consapevolezza del limite. Mentre si è alla ricerca di un mondo dove “…non ci son santi, né eroi…” la condizione di tutti è quella terribile vergogna di essere vittime e assassini, complici e topi.
UNA FRASE O UN BRANO DA CONSERVARE
“So per certo (…) che ciascuno la porta in sé la peste, perché nessuno, no, nessuno al mondo ne è immune”
SE QUESTO LIBRO FOSSE UNA CANZONE…SAREBBE
“Seconda stella a destra” di Edoardo Bennato