Cronache, Internazionale a Ferrara 2025

Due libri. Due storie. Due donne.


Margherita Gualandi e Viviana Perelli

Liceo Ariosto - Ferrara

“So di non star parlando di un personaggio ma di una persona. Devo raccontare la realtà, anche se può essere doloroso”.

È questo il presupposto da cui Carlo Greppi e Leila Guerriero, ospiti del Festival Internazionale a Ferrara venerdì 3 ottobre 2025, sono partiti per far luce sulla storia della dittatura militare in Argentina.

Nel corso dell’incontro, Greppi, scrittore e storico italiano, e Guerriero, giornalista argentina, hanno presentato le loro ultime pubblicazioni, legate tra loro da un denominatore comune: il desiderio di testimoniare le vicende di un periodo buio della storia del Sudamerica attraverso figure sconosciute, seppur emblematiche.

La storia di Silvia Labayru, protagonista della biografia La chiamata. Storia di una donna argentina (Edizioni SUR, 2025), viene dipinta da Leila Guerriero come la sintesi di tutte le esperienze legate alla dittatura che ha governato il Paese tra il 1976 e il 1983: militante del movimento peronista Montoneros, Silvia, appena diciottenne, viene rapita dalla polizia argentina e rinchiusa nella Scuola di meccanica della marina (Esma), un centro clandestino di detenzione per i dissidenti politici. Il suo racconto si contrappone e allo stesso tempo si intreccia a quello di Franca Jarach, di cui Carlo Greppi, nel libro Figlia mia: Vita di Franca Jarach, desaparecida (Laterza, 2025), traccia il ritratto.

Silvia e Franca, infatti, hanno condiviso molto più che i banchi di scuola: il sequestro, le torture, le violenze hanno caratterizzato il loro periodo di detenzione in modo analogo, ma l’epilogo delle loro storie non potrebbe essere più diverso. Da un lato Silvia è sopravvissuta, avendo così l’opportunità di testimoniare in prima persona e aiutare la giustizia a fare il suo corso. Dall’altro, Franca è rimasta una desaparecida, una vittima di questa pagina di storia, le cui sorti rimangono avvolte nel mistero.

Dopo un’esperienza tanto traumatica, ci si aspetterebbe comprensione e compassione nei confronti di chi l’ha vissuta in prima persona, tuttavia per Silvia Labayru, come per molti altri, non è stato così: la dittatura l’ha perseguitata anche dopo il suo rilascio. Nonostante si sia esposta durante i processi che hanno condannato i responsabili di tali violenze, Silvia è stata trattata come “un’appestata” per il solo fatto di essere sopravvissuta, arrivando addirittura a essere accusata di aver collaborato con i suoi rapitori.

Non sappiamo se Franca, nel caso in cui fosse sopravvissuta, avrebbe condiviso una simile esperienza; quello che è certo è il dolore dei genitori, Vera e Giorgio, che le hanno dato voce attraverso i loro ricordi.

I due libri e le storie delle loro protagoniste sono, dunque, lo specchio l’una dell’altra e cercano di mantenere viva la memoria di fatti della nostra contemporaneità altrimenti sconosciuti.

Ai lettori il dovere morale di riflettere su un passato doloroso e ancora troppo presente.

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