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Quattro ragazzi, Gordon, Chris, Teddy e Vern, partono insieme per un viaggio alla ricerca del corpo di un loro coetaneo ma, in fondo, anche alla ricerca di sé stessi.
The Body è un romanzo che mostra i preadolescenti così come si presentano nella realtà, con i loro traumi, le loro fragilità, le loro assenti o disastrate famiglie, i loro segreti più intimi, le loro insicurezze che tentano mascherare, e anche i loro sogni.
Il viaggio che i personaggi affrontano, e che occupa tutta la durata del libro, rappresenta anche questo, oltre che la loro crescita e il loro legame. L’amicizia è, infatti, uno dei temi principali dell’opera, e viene affrontata, diversamente dal consueto, sia nei suoi aspetti positivi ma anche e soprattutto prendendo in esame quelli negativi. Come affermato da Chris, gli amici come Vern e Teddy “Sono la zavorra, Gordie. Non l’hai capito? Sono gli amici. Sono tipo delle persone che stanno annegando e si aggrappano alle tue gambe. Tu non puoi salvarli. Puoi solo annegare insieme a loro” a meno che te ne separi prima che sia troppo tardi. Eppure, sebbene Chris si ritenesse già “annegato”, ovvero senza alcuna possibilità di diventare una persona migliore dei suoi consanguinei, la sua amicizia con Gordon lo aiuta a salvarsi e a realizzare almeno in parte il suo sogno di studiare all’università. La contrapposizione tra la descrizione del loro rapporto da parte di Gordon e la riflessione espressa da Chris è netta: “Ci aggrappavamo l’uno all’altro in alto mare. (…) Il suo desiderio di andarsene da Castle Rock e uscire dall’ombra della fabbrica mi sembravano coincidere con la parte migliore di me, e non potevo lasciarlo da solo, a raggiungere la riva o andare a fondo. Se fosse annegato, la parte migliore di me sarebbe annegata insieme a lui, credo.”. È interessante, tuttavia, il senso di predestinazione che trapela dalla figura e dai pensieri di Chris, anche se alla fine riesce a vincerlo.
Il viaggio è l’ultima avventura che questi ragazzi condurranno insieme, scandisce dunque uno spartiacque nelle loro vite, come l’estate dei protagonisti di It. Infatti i quattro arrivano a incontrarsi faccia a faccia con la morte e la consapevolezza che il ragazzino fosse veramente morto. “Quel ragazzo era morto; morto stecchito. (…) Quel ragazzo era una serie di no, mai, impossibile, nemmeno una volta, mai più. Era il lato della batteria con il segno meno. Il fusibile rotto che devi metterci un penny per farlo funzionare (…) Potrei andare avanti così una giornata intera senza mai riuscire a rendere l’idea della distanza che correva fra i suoi piedi scalzi stesi a terra e le Keds sudicie appese tra i rovi. (…) Quel ragazzo era disconnesso dalle sue Keds in maniera irriconciliabile. Era morto.”. Ognuno sembra elaborare questo concetto in modo differente, pur arrivando inevitabilmente ma con molta naturalezza a dividersi.
La malinconia che prova il protagonista al raccontare questa vicenda della sua infanzia è un sentimento che riusciamo a condividere molto facilmente e la sua speranza di poter ritrovare ancora il pentolino dei mirtilli del ragazzo di cui erano andati a cercare il corpo è la prova materiale della sua voglia di rivivere quell’estate e di questa sua nostalgia per il passato e per tutto ciò che è cambiato nelle vite delle persone che aveva conosciuto e, di conseguenza, nella sua. La solitudine che predomina alla fine del romanzo lascia un gusto amaro nella bocca del lettore soprattutto perché è ciò che prova ogni individuo nell’atto di ripensare agli amici dell’infanzia, alla fine che hanno fatto e a tutti i cambiamenti che sono avvenuti anche nel giro di un breve lasso di tempo. Ci rendiamo conto dei cambiamenti solo in un secondo momento, pensando alle differenze tra la propria situazione attuale e quella passata, e così per tutta la nostra esistenza, poiché noi non viviamo ma siamo vita, e in quanto vita cresciamo e cambiamo in ogni singolo istante, come direbbe anche Eraclito.
Inoltre, l’aprirsi del protagonista ormai adulto nella narrazione di questa storia solleva un altro tema importante: l’impossibilità di mettere nero su bianco i pensieri e i ricordi senza che le parole li sminuiscano e che il destinatario li comprenda. Detto da uno scrittore può sembrare assurdo, tuttavia è ciò che avviene ogni qualvolta esterniamo qualcosa per noi molto importante: “Le cose più importanti sono quelle più difficili da dire. Sono le cose di cui ti vergogni, perché le parole le sminuiscono – quelle cose che ti sembravano gigantesche, finché erano nella tua testa, le parole le rimpiccioliscono quando le tiri fuori, le riportano alle dimensioni originali. (…) E così capita di rivelare una storia dolorosa a qualcuno e quello ti guarda con aria strana, non capisce ciò che hai detto o si chiede perché ti sembrasse tanto importante da metterti quasi a piangere mentre la raccontavi. Questa è la cosa peggiore, secondo me. Quando un segreto resta chiuso dentro non perché manca la voce per raccontarlo, ma perché mancano le orecchie per capirlo”. Dar voce a quelle cose permette di gestirle meglio e dar loro forma, anche se spesso infastidisce il fatto che una volta uscite abbiano una dimensione e un peso che paiono, soprattutto a chi non ne ha fatto esperienza diretta, insignificanti.
Sulle parole emerge un’ulteriore riflessione molto interessante che riguarda la capacità delle parole di uccidere i sentimenti. Scrive il Gordon maturo: “Le parole uccidono le funzioni affettive (..) L’amore ha i denti; denti che mordono; ferite che non si richiudono. Nessuna parola, nessuna combinazione di parole, può richiudere i morsi dell’amore.” Spesso, effettivamente, le parole non servono, perché non sempre ci sono cose giuste da dire, talvolta il silenzio è la scelta migliore.
La storia può anche sembrare lunga e densa di inutili particolari, ma compie la sua funzione di farci immedesimare nelle riflessioni e nelle dure vite di questi ragazzi che tentano di andare avanti e mostrarsi forti agli occhi altrui ma, soprattutto, nel loro percorso di crescita che li porta verso strade molto differenti tra loro.
Analogie con It
Durante la lettura di questo racconto ho riscontrato numerose analogie e corrispondenze con temi, questioni e stile del famosissimo romanzo It, che ho letto qualche anno fa.
L’ambientazione è pressoché la medesima: un’estate anni sessanta, in particolare l’ultima prima che le vite dei protagonisti prendano pieghe differenti, ragazzi preadolescenti con storie molto dure nonostante la giovane età, due cittadine inventate del Maine sud-occidentale (Derry, la città di It, viene tra l’altro menzionata in The Body).
Mi ha colpito molto la somiglianza che hanno nello stile nonostante la grande differenza di genere dei due libri, in particolare per quanto riguarda gli improvvisi salti temporali, anche se in It sono molto più numerosi e accentuati, dato che lo spazio per scrivere e la storia lo permettono. Inoltre, in quest’ultimo viene espresso in prima persona il punto di vista di ogni personaggio, dando al lettore una visione più completa delle esperienze di ognuno.
Tuttavia, ciò che mi ha stupito di più è l’affinità tra le storie dei personaggi delle due opere. Infatti sono ragazzi che condividono l’essere oggetto di bullismo, che hanno a che fare con un passato e un presente pesanti, contenenti figure genitoriali completamente negative: adulti assenti, non curanti (come nel caso di Gordie in The Body e Bill in It), alcolizzati, aggressivi e pericolosi (come per Chris in The Body e Beverly in It), che non sono nemmeno in grado di prendersi cura di loro stessi e lasciano i figli alla mercé di sé stessi. Soprattutto, però, sono ragazzi veri, che si comportano e parlano come farebbero nella realtà, che hanno le stesse paure e speranze che tutti i giovani possiedono.
È lampante, in particolare, la corrispondenza tra i due protagonisti: Bill, come Gordie, non viene nemmeno considerato dai genitori, troppo sopraffatti dal lutto per la morte del fratello per essere in grado di badare pure a loro stessi. Entrambi i ragazzi sono invisibili agli occhi di quelle che dovrebbero essere le loro figure di riferimento e sono tormentati dai sensi di colpa, sebbene non fossero colpevoli, per la morte dei rispettivi fratelli e questo traspare anche nei racconti che scriveranno da adulti. Entrambi infatti diverranno scrittori e utilizzeranno le proprie vicende d’infanzia, consciamente e non, per scrivere libri e si ritroveranno in uno stato di solitudine.