Dedica Pordenone 2025

La scrittura – luogo di una memoria viva


Gioia Fiorini, Eugenia Roselli della Rovere

Liceo Scientifico "M. Grigoletti" - Pordenone

Il 17 marzo, in occasione della terza serata di Dedica Festival 2025, due giovani attori talentuosi, Edoardo Roti e Lorenzo Tiombesi, hanno portato sul palco dell’Ex Convento di San Francesco a Pordenone una rilettura scenica del romanzo ‘Scrittura Cuneiforme’, di Kader Abdolah.

In foto Kader Abdolah che abbraccia commosso gli attori

La presentazione di alcune pagine dell’opera unita alla musica ha ridato vita ad una storia potente, alla presenza del suo autore e di un pubblico assorbito nell’ascolto e nella riflessione.

Aga Akbar nasce sordomuto nel piccolo villaggio di Zafferano: da piccolo impara a scrivere in caratteri cuneiformi così da poter dare una forma ai suoi pensieri. La missione del figlio Ismail è dare voce alla storia del padre, decifrando mentre è in esilio in Olanda il suo misterioso diario.

La lingua si configura quindi come simbolo di appartenenza, ma anche separazione. Aga Akbar, infinitamente distante da un mondo che non può ascoltarlo, trova un suo modo per esprimersi e diventa il custode di un codice segreto. La questione linguistica è strettamente connessa a quella dell’esilio, di cui lo stesso autore è testimone: l’antropologo Marc Augè sottolinea nell’esule il sentimento di estraniazione, come a trovarsi in un “non-luogo”, uno spazio privo di storia e identità. Kader Abdolah, quando si trova catapultato in una Europa sconosciuta, riesce per mezzo della lingua, come Aga Akbar, a fare di un “non-luogo” una sede di espressione libera, dove la paura di essere giudicati sparisce.

Purtroppo il rapporto tra Aga Akbar e Ismail è destinato ad essere stravolto: da quando il ragazzo aderisce clandestinamente al partito progressista di sinistra, la sua permanenza in Iran è assai precaria. Il rischio di essere arrestato si fa sempre più concreto e così la priorità diventa passare con il padre un ultimo momento memorabile. I due si cimentano quindi nella ardua scalata del monte Damavand, il “tetto del mondo”: inaspettatamente, sarà Ismail questa volta ad aver bisogno dell’aiuto del padre anziano, che “se ne occuperà senza preoccuparsi”, consapevole che in realtà il figlio sta solo attraversando una crisi di passaggio al mondo adulto. Da qui nasce la riflessione sulla crescita, che metaforicamente porta a salire verso nuove vette, affrontando la paura di diventare grandi.

Grazie a Kader Abdolah abbiamo il privilegio di conoscere la storia commovente di un ragazzo e suo padre. Un rapporto che si esprime nei silenzi e nei piccoli gesti. Il senso di colpa di un figlio che fugge abbandonando i suoi cari. La preziosità di un tempo che non può più essere portato indietro, per guardare per l’ultima volta il proprio padre negli occhi.

Gioia Fiorini ed Eugenia Roselli della Rovere, Liceo Scientifico “M. Grigoletti”, Pordenone

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *