Nella conferenza “Come leggono le scrittrici”, Alessandro Piperno, scrittore e critico letterario, dialoga con Claudia Durastanti, giovane scrittrice che ha appena pubblicato il suo ultimo romanzo Missitalia edito da «La nave di Teseo». L’autrice è un esempio di una carriera a cavallo tra le sue due lingue e identità, in quanto ha vissuto per un periodo a Brooklyn durante la sua infanzia, trasferendosi in Italia una volta adulta. L’autrice racconta che durante il processo creativo le è stato di fondamentale aiuto dedicarsi alla lettura degli autori che predilige, i quali l’hanno spronata a incuriosirsi e a fare emergere i messaggi che vuole trasmettere con la sua scrittura. Nei suoi testi inserisce tracce di questi autori, richiamando e adattando alla dimensione del suo romanzo i loro titoli ed espressioni.
In Missitalia lavora molto sui concetti di mancanza e appartenenza, scrivendo una lettera alla lettrice che era da adolescente: una ragazza che voleva salvare i classici leggendoli come pochi erano soliti fare. Ma oggi il suo atteggiamento è cambiato: spesso lavora su personaggi femminili e sull’empatia, un tema che a sua detta non è molto presente nella letteratura classica.
Parlando poi del ruolo dei traduttori, Claudia Durastanti spiega di ritrovare in loro i “veri lettori”: la loro esperienza permette di compiere analisi scrupolose dei libri, anche linguistiche. E’ il finale la parte su cui trova molte più critiche da fare. La scrittrice ritiene che scrivere il finale di un libro sia una grande responsabilità: si pone fine ad una storia a cui i lettori si sono appassionati. Nonostante queste critiche, la scrittrice riconosce la difficoltà di inventare nuovi mondi e di sentirsi in sintonia con quanto creato. In conclusione è possibile ritornare con il tempo ad autori che in precedenza non hanno suscitato particolare interesse in noi, rileggendone i testi e cogliendo aspetti che inizialmente non avevamo notato e valorizzarli.