Cantica
Canto
Perché è importante leggere questo canto ancora oggi?
All’interno dell’Inferno di Dante, l’acqua gioca un ruolo da protagonista anche nella punizione dei dannati: è presente allo stato solido nel bacino di Cocito, allo stato liquido nei quattro principali fiumi infernali e allo stato gassoso, quando i vapori del Flegetonte spengono la pioggia di fiamme che piove nel cerchio di sodomiti ed usurai.
Abbiamo motivo di pensare che Dante conoscesse abbastanza bene le leggi fisiche che regolano i corsi d’acqua ma, nonostante questo, nell’Inferno i fiumi seguono la legge divina e non quella fisica.
Il primo che incontriamo è l’Acheronte, attraverso cui il demone traghettatore Caronte trasporta le anime dei peccatori. Questo fiume, come gli altri fiumi dell’Inferno, è direttamente ricavato dalla mitologia greca. Dante lo colloca sotto la città di Gerusalemme, ma in realtà il fiume Acheronte esiste davvero e si trova in Epiro (regione Nord-occidentale della Grecia) e guadagnò la sua fama di fiume infernale per “l’oracolo della morte” che si trovava nei suoi pressi in tempi antichi.
Proseguendo verso il basso troviamo il fiume Stige attraverso cui i due poeti sono nuovamente traghettati, questa volta dal demone Flegias. Questo fiume è descritto come una palude in cui iracondi e accidiosi, fra cui anche Filippo Argenti, sguazzano. Il fiume funge anche da fossato per la città di Dite.
Il successivo corso d’acqua è il Flegetonte, non formato da acqua ma da sangue e al suo interno giacciono predoni e assassini, preda delle frecce dei Centauri. Lo stesso fiume viene poi incanalato in strutture artificiali e permette ai due letterati di superare la pioggia di fiamme che colpisce sodomiti ed usurai. Ghiaccerà poi nel Cocito, raffreddato dal gelido vento prodotto dalle ali di Lucifero alla fine dell’imbuto infernale.
Infine, l’ultimo fiume è il Lete, rappresentato come il salvifico rampollo che guida i protagonisti striscianti “a riveder le stelle”.
Con tutti questi fiumi, che probabilmente sono connessi in uno solo che si trasforma lungo il tragitto, il lettore si chiederà qual è la loro origine; essa viene spiegata da Virgilio nel canto XIV dell’Inferno: le acque infernali fuoriescono dal “Veglio di Creta” una statua che è sognata nella Bibbia da Nabucodonosor e rappresenta un uomo con la testa d’oro, petto d’argento, busto di rame e gambe di ferro fuorché il piede destro, quello su cui poggia, che è fatto d’argilla.
Da questa statua, che rappresenta la storia umana che da un’era prosperosa (la testa d’oro) è regredita sino al piede d’argilla, escono attraverso delle fessure delle lacrime che alimentano i fiumi infernali, il Cocito in particolare.
In questo Dante rivela il significato oscuro dei fiumi infernali che paragona più volte a quelli della superficie, quasi per rassicurarsi.
Una terzina, o dei versi di Dante da conservare
[…] la sua testa è di fin oro formata, / e puro argento son le braccia e ‘l petto, / poi è di rame infino a la forcata; / da indi in giuro è tutto ferro eletto, / salvo che ‘l destro piede è terra cotta; / e sta ‘n su quel, più che ‘n su l’altro, eretto (vv. 106-111)
All’interno dell’Inferno di Dante, l’acqua gioca un ruolo da protagonista anche nella punizione dei dannati: è presente allo stato solido nel bacino di Cocito, allo stato liquido nei quattro principali fiumi infernali e allo stato gassoso, quando i vapori del Flegetonte spengono la pioggia di fiamme che piove nel cerchio di sodomiti ed usurai.