Un libro tante scuole

Il pericolo della comfort-zone nell’Isola di Arturo di Elsa Morante


Alexandru Orasanu 3FTE


Una cosa che ti ha colpito

L’isola come metafora

Un’altra cosa che ti ha colpito

La cura con cui è stato scritto: sinceramente, è la prima volta che, leggendo un libro, mi accorgo di come ogni parola sia al suo posto, nessun termine è usato impropriamente.

Una frase del libro da conservare

“E l’isola, per me, che cos’era stata finora? un paese d’avventure, un giardino beato! ora, invece, essa mi appariva una magione stregata e voluttuosa, nella quale non trovavo da saziarmi, come lo sciagurato re Mida.”

“L’isola di Arturo” di Elsa Morante è un racconto molto profondo, nonostante un lettore novizio potrebbe non rendersene conto. L’elemento del libro che più ho apprezzato in assoluto è l’isola in cui abita Arturo, il presunto “Eden” in cui vive la sua fanciullezza in comunione con la natura.
Reputo l’ambiente l’elemento più bello perché è strettamente collegato alla formazione di una dinamica che lega tutti i ragazzi – compreso Arturo – all’idea di un luogo sicuro. L’isola infatti può senz’altro essere vista come una metafora della cosiddetta comfort-zone: un luogo sicuro che non ti mette alla prova, una bolla immaginaria di presunto comfort da cui difficilmente si vuole uscire. Solitamente non se ne esce per paura o più semplicemente perché non se ne vede motivo, come nel caso di Arturo.
Ma è anche grazie a quest’isola che, secondo me, avviene la maturazione del personaggio. Infatti è qui che Arturo sperimenta la caduta delle illusioni infantili: dopo aver aperto gli occhi di fronte alla realtà (la meschinità del padre, la scoperta della sua omosessualità, la consapevolezza della solitudine in cui è stato costretto a vivere) si rende conto di come abbia vissuto sempre in gabbia, con il potenziale bloccato, dentro a delle mura auto-costruite per non abbandonare la sua comoda routine. A questo punto matura la decisione di scappare da quella che era la sua amata casa, se ne va via senza rimorsi e senza guardarsi le spalle, per vivere la sua vita.

Nonostante io non ritenga il libro scontato nel suo insieme, leggendo i primi capitoli ho subito notato come l’isola fosse un luogo sicuro, il “nido” di Arturo, e ho immaginato che sarebbe avvenuta la sua fuga, prima o poi. In effetti Arturo a soli 16 anni, un’età relativamente giovane (nonostante non ci sia un’età limite per questo), riesce a uscire da questo luogo rassicurante e ad affrontare la vita, mentre oggigiorno, a causa anche dell’effetto negativo che i social e la tecnologia hanno sui giovani, ci si rende conto tardi di essere vissuti a lungo dentro una bolla che ci impedisce di crescere e fare vere esperienza in questa nostra UNICA vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *